venerdì 28 gennaio 2011

Inghilterra e Scozia in camper (alla ricerca dei luoghi di Harry Potter)


INGHILTERRA E SCOZIA
(Alla ricerca dei luoghi di Harry Potter)


Equipaggio: -Aldo, 48 anni, guidatore, pianificatore del viaggio
-Liliana, 43 anni, guidatrice, mamma
-Andrea, 8 anni, fotografo part-time, esperto dei romanzi di
J.K. Rowling
-Sofia, 6 anni, profonda conoscitrice dei film di Harry Potter
-Nostradamus: navigatore satellitare Tomtom XXL


Mezzo: Rimor Superbrig 688TC del 2005, lunghezza 713 cm, mansardato, motorizzato Ford Transit 2500 cc, 136 CV.


Periodo: dal 1-8 al 22-8-2010

PREMESSE
Beh, il sottotitolo “alla ricerca dei luoghi di Harry Potter” non deve trarre in inganno: non si tratta infatti di un viaggio in camper alla esclusiva ricognizione degli scenari dei celebri film del maghetto di Hogwarts.
L'idea della Scozia nasce forse come logica conseguenza del viaggio dell'anno scorso in Norvegia: stessa aspettativa di vividi paesaggi e panorami, immagini e ricordi la cui eco ci accompagnerà nei mesi autunnali ed invernali. Sarebbe stato impossibile, tuttavia, il non coinvolgere anche i bambini nella pianificazione di un viaggio che avrebbe sicuramente destato i loro entusiasmi con la promessa di visitare castelli, chiese, edifici, già a loro ben noti, date le innumerevoli volte in cui avevano visionato -e continuano a rivisionare- tutti i film di Harry Potter.
Come al solito, la programmazione del viaggio è passata attraverso l'attenta lettura di diari di viaggio di camperisti. Di una qualche utilità ci sono state la Guida Mondadori sulla Scozia, e la Guida Traveller della National Geographic sulla Gran Bretagna. Ci siamo anche muniti di due cartine geografiche, in scala 1:300.000, una della Scozia e Nord Inghilterra l'altra del Galles ed Inghilterra, edite dalla Euro Cart e ordinate sul sito www.maps-store.com .
 La quasi totale assenza di vere e proprie aree di sosta costituisce -ovviamente insieme alla guida a sinistra- l'unico vero problema che il camperista possa incontrare nel Regno Unito. Molti sono tuttavia, nelle principali città, i parcheggi a pagamento in cui sostare temporaneamente; molti sono i Park & Ride, cioè parcheggi con bus navetta per il centro; ma spesso non è possibile pernottarvi (No Overnight), anche se, come vedremo, un po' birichinamente, in alcune circostanze abbiamo disatteso questi divieti, pur nel rispetto delle regole che il buon senso e la coscienza civica debbano dettare.
Ben nutrita è invece la rete di campeggi, strategicamente ben posizionati lungo il territorio, ma spesso dai prezzi sopra le righe. In Gran Bretagna vi sono alcune catene di campeggi, alle quali ci si può associare per ottenere dei vantaggi e soprattutto uno sconto consistente sui prezzi. Noi abbiamo acquistato, alcune settimane prima di partire, la tessera della Caravan Club. L'operazione è abbastanza semplice: è necessario accedere al sito via Internet (www.caravanclub.co.uk), iscriversi e pagare la quota associativa di circa 40 euro per famiglia; dopo qualche giorno perverrà via posta una tessera, che è valida per un anno, e un interessante cofanetto, contenente un volumetto con tutti i campeggi della Caravan Club, una cartina del Regno Unito con indicata l'ubicazione degli stessi sul territorio ed altro materiale pubblicitario anche da utilizzare per l'ingresso agevolato ad alcune attrazioni, il cui elenco è reso noto nel suddetto sito web. Una volta divenuti soci, è possibile prenotare via Internet il soggiorno presso i vari siti; la spesa iniziale si può considerare ammortizzata dopo circa cinque\sei giornate di permanenza nei campeggi della catena. Giova inoltre considerare che i principali campeggi in Londra fanno parte della Caravan Club e che l'accesso ad alcuni camp sites della catena è riservato solamente ai soci. Tuttavia -c'è un tuttavia- sconsiglio la Caravan Club a tutti coloro che non amino i luoghi isolati, raggiungibili talvolta attraverso strade che si dilungano nella campagna inglese, in cui spesso non ci sia alcuna copertura per i telefonini, in cui il silenzio e il verde delle ampie piazzole faccia da cornice alle tranquille vacanze di britannici, per lo più attempati possessori di lussuose roulotte, ed in cui siano rigorosamente bandite le tende e gli schiamazzi di ogni tipo. Inoltre, i prezzi dei campeggi della Caravan Club sono mediamente elevati e possono risultare allineati con quelli dei restanti camp sites solamente usufruendo dello sconto a cui hanno diritto i possessori della tessera. La reception, nei camp sites della catena, è in genere aperta fino alle 18.30; fino alle h 20.00 è possibile suonare un campanello per chiamare il custode; dopo le h 20.00 ci si può posizionare in un'area denominata Late Arrivals, dotata di allacci elettrici, per poi registrarsi il giorno successivo: in questo caso il costo per il pernottamento sarà all'incirca dimezzato. E' necessario, inoltre, munirsi di taniche a ruote per lo scarico delle acque grigie, in quanto i camper service, nei suddetti campeggi, sono di tipo nautico.
La nostra banca ci ha contato una somma in sterline al tasso di cambio di 0.825. Vale la pena di tenere in mente che le banconote inglesi sono accettate anche in Scozia, mentre viceversa quelle scozzesi -quelle con la scritta Bank of Scotland- vengono solitamente rifiutate in Inghilterra.
Ci è stata molto utile la chiavetta della 3 che ha consentito al nostro portatile connessioni ad Internet alla medesima tariffa italiana.
Nel complesso, nel Regno Unito, la viabilità e le strade non sono ottimali e non sono lontanamente paragonabili a quelle, ad esempio, della Francia, ma anche dell'Italia: la carreggiata delle statali è infatti spesso stretta; anche il transito sulle autostrade, rigorosamente gratuite, desta più di qualche patema d'animo per l'elevata velocità che costantemente mantengono i camionisti -quasi avessero paura di sollevare per una frazione di secondo il piede dall'acceleratore-, e risulta tutt'altro che confortevole, data la scarsità di aree si servizio e talvolta l'assenza della corsia d'emergenza o di piazzole di sosta.
Gli Inglesi e gli Scozzesi sono solitamente cortesi e gentili e hanno un'empatica capacità di sorridere e di entrare in relazione, che sorprende chi fa della proverbiale calorosa accoglienza latina un vanto.
I prezzi sono in generale elevati, soprattutto per quanto concerne l'ingresso ad attrazioni, castelli, musei, chiese; a tale proposito occorre considerare che, non godendo la Chiesa Anglicana dei benefici economici statali della Chiesa Cattolica italiana, l'elevato costo per la visita di chiese nel Regno Unito si giustifica in parte con la necessità di sostentamento economico degli enti ecclesiastici stessi. Il prezzo del gasolio è alto come in Italia, ma in Scozia, ove i distributori possono diventare una ricercata eccezione, lo è ancora di più.
Molte delle località da noi visitate sono state contrassegnate con le relative coordinate gps, espresse nel formato gradi (g.g°); i più recenti navigatori satellitari consentono comunque di scegliere uno dei tre formati principali, accedendo all'apposito menù [ 1) formato gradi (g.g°), 2) formato minuti (g°m.m'), 3) formato secondi (g°m's'')]; è utile inoltre rimarcare che “E” sta per est e che “W” sta per ovest, ma che per alcuni navigatori la seconda sequenza numerica gps se è negativa sottintende l'ovest, mentre se positiva sottintende l'est. Per finire le coordinate gps da me indicate possono anche essere copiate su Google maps per vedersi subito catapultati sulla località in questione.

IL DIARIO

Primo giorno, domenica 1-8-2010

Sono le ore 9.10' quando partiamo da casa nostra, a Chivasso (To). Il contachilometri del nostro Superbrig segna il km 48.987.
La partenza era stata da noi fissata nella giornata di ieri, ma rimandata ad oggi a causa di un mio problema di salute che ha rischiato di mettere in forse fino all'ultimo il viaggio. A dir il vero, è assai probabile che, senza le insistenze di Liliana che è riuscita a vincere i miei timori, non sarei partito affatto; tuttavia, con il senno del già vissuto, sono molto contento di non essermi lasciato condizionare da un disturbo fastidioso ma preoccupante, che poi si sarebbe risolto spontaneamente ed insperatamente nel corso della prima settimana di viaggio.
Partenza all'insegna dell'incertezza, anche per quanto concerne l'itinerario per raggiungere Calais in Francia, da cui poi imbarcarci per Dover in Inghilterra. Non abbiamo prenotato il traghetto e siamo anche indecisi se arrivare percorrendo tutta la Francia (itinerario più breve ma più salato, a causa del costo delle autostrade francesi) o attraversando Svizzera, una piccola parte di Francia, Lussenburgo, Belgio e infine ancora Francia.
Si parte, imbocchiamo la statale per Ivrea che ci avrebbe poi condotti sull'autostrada per Aosta e poi, attraverso il traforo del Monte Bianco e passando da Ginevra, sulle autostrade francesi; tuttavia, all'altezza di Caluso, torniamo indietro ed imbocchiamo la Torino-Milano. Venti chilometri in più è il prezzo da pagare alla nostra indecisione e forse ad uno stato d'animo non del tutto sereno.
Alle h 11.20 siamo sulla Como-Chiasso; presso una stazione di servizio, ove facciamo il pieno, paghiamo euro 33 per la vignette da incollare sul parabrezza e per gratificare la polizia elvetica alla frontiera; “Sa, quest'anno costa di più a causa del cambio con il franco svizzero”, ci dice tutto compito il benzinaio. Non impieghiamo molto tempo per la coda alla dogana di Chiasso, ma scorgiamo lunghe code nell'altro senso di marcia, verso l'Italia.
Sono le h 12.20, a circa 65 Km dal San Gottardo, e già vengono segnalati, per la nostra grande gioia, 5 Km di coda. Il tempo è bello, gli alberi sono mossi leggermente da un vento non troppo impertinente. Sofia ne approfitta per dormire.
La coda, già preannunciata, si concretizza alla h 13.00: restiamo incolonnati per quasi 90 minuti. Il tempo sembra trascorrere più lentamente di quanto non indichino le lancette degli orologi; alcuni automobilisti ed alcuni passeggeri sono costretti a raggiungere i prati ai bordi della strada per un'urgenza fisiologica; oggi è festa nazionale in Svizzera e, da una emittente ticinese, Doris Leuthard, presidentessa della confederazione elvetica, legge un messaggio altisonante sull'indipendenza economica della nazione dal resto dell'Europa, anche in un italiano dalla pronuncia imperfetta.
Sono le 14.30, quando affrontiamo i 17 chilometri del tunnel del San Gottardo che al suo interno nasconde l'intima soddisfazione di essere gratuito. Alle 15.05 siamo fermi presso un'area di servizio per riprogrammare Nostradamus e per lasciare a Liliana l'opportunità di sostituirmi alla guida. Alle h 17.00 passiamo da Basilea e imbocchiamo, ormai in Francia, la A35, che è gratuita. Dopo Colmar siamo a pochi chilometri da Obernai, che oggi è il nostro porto sicuro per trascorrere la notte; imbocchiamo la D422 e alle h 18.45 ci fermiamo, dopo qualche giro a vuoto attraverso una cittadina che promette di essere interessante, in una ampia area sterrata, su cui peraltro stazionano tanti altri camper, anche italiani [l'area di sosta, assai prossima al centro e rigorosamente gratuita, si raggiunge seguendo la D422 ed è situata tra Rue Raymond Poincarè e Rue De L'Abbè Oesterlè. GPS: N48.45996°, E7.48613°. E' dotata di pozzetto di scarico, scomodo per le acque grigie, e di rubinetto per l'acqua potabile]. C'è il tempo, mentre Liliana prepara la cena, di fare un giro con i bambini, che ammirano le spericolate evoluzioni di alcuni ragazzi in skateboard.
La serata è umida ed invitante per una passeggiata dopo il tramonto; il centro storico è vicinissimo e si raggiunge attraverso un portale sotto le mura medioevali. I bambini danno sfogo alla loro vitalità, sfuggendoci da ogni lato, mentre ci immergiamo nell'atmosfera calda ed intima delle vie pedonali, dei ristoranti e dei loro dehors, della splendida piazza del mercato su cui si affacciano le tipiche case alsaziane a graticcio, il municipio ed il campanile del XIII secolo, fino al pozzo in stile rinascimentale e alla chiesa neogotica di Saint Pierre e Saint Paul, davanti alla quale si erge una statua dedicata ad un alto prelato, eroe dell'atavico antagonismo per il dominio territoriale tra francesi e tedeschi, questi ultimi nel ruolo dei cattivoni di turno.
Oggi percorsi 578 chilometri.

Secondo giorno, lunedì 2-8-2010
E' piovuto tutta la notte. Ci prepariamo e alle h 8.45 partiamo. Strasburgo è vicinissima ma il profetico navigatore ci guida verso Est, lontani dalla tentazione di fare una capatina nella bellissima città, facendoci prendere la D422 e facendoci passare attraverso caratteristici paesini, che sorgono sulle strade del vino alsaziane. Pioviggina. Imbocchiamo l'autostrada A4 a Saverne. Paghiamo prima euro 7.30, poi euro 6.50. Dopo una coda di un'ora, alle h 1400 siamo fermi presso una stazione di servizio in Lussemburgo, ove, con immensa gioia, facciamo il pieno di gasolio a 0.976 euro; io non mi faccio ritegno e riempio anche una tanica di 20 litri, che ripongo gelosamente nel gavone, prevedendo tempi grami in Scozia; ne approfittiamo per fare una pausa pranzo; riesco a risolvere un malfunzionamento della pompa dell'acqua, che non dà segni di vita, resettando la centralina elettrica.
Ripartiamo. Alle h 16.00 altra coda nei pressi della zona della Vallonia belga che sorge sul fiume Lesse; l'ingorgo si risolve alle 17.30, ma, subito dopo, se ne presenta un altro. Piove molto forte. Passiamo da Namur. Sono le 18.30 e sulla A15 continua a piovere. Ancora Charleroi. Lo svincolo per Waterloo ci ricorda che un tizio (non importa il nome o la data dell'evento, tanto ci penseranno i reality televisivi a rifondere le lacune di un sapere inutile) perse una storica battaglia a causa delle forti piogge; noi speriamo almeno di non perdere il traghetto. Tournai, Lille, Dunkerque, mentre la pioggia ha lasciato il posto a squarci di azzurro e ad un fastidioso vento, ed infine Calais, quando sono le 20.30, dopo aver percorso 680 Km. Parcheggiamo, insieme a tanti altri camper (moltissimi italiani), davanti alle biglietterie delle compagnie adibite alla traghettazione (N50.96774 E1.86835).
C'è un discreto assembramento di persone alla biglietteria della P&O Ferries, mentre non c'è anima viva in quella della Seafrance: “vox populi, vox dei” e così non ci pensiamo due volte ad accodarci e ad acquistare alla P&O, per il giorno successivo alle h 6.45, un biglietto solo andata per euro 76.60. Presto a nanna: ci aspetta domani una levataccia.


Terzo giorno, martedì 3-8-2010

Sveglia alle h 5.30 e alle h 6.00 siamo alla dogana inglese, prima del check-in per l'imbarco, davanti ad un gendarme inglese che con perentoria simpatia ci contesta la validità delle carte bianche dei bambini e non presta ascolto alle mie rimostranze che nei documenti, peraltro rilasciati dal questore, sia espressamente indicato -per quanto solamente in italiano- la loro validità per l'espatrio, a condizione che i minori siano accompagnati dai genitori. “Show me the children”, è la sua risposta, per cui siamo costretti a svegliare gli assonati ed infreddoliti bambini e a mostrarli al solerte ed amabilissimo uomo in divisa. “Next time, get passports” (la prossima volta munitevi di passaporti); e così si conclude il nostro primo approccio con l'Inghilterra.
Alle h 6.40 siamo sul traghetto per una traversata di 90'. Ci sistemiamo sulle poltrone di un ampio salone al coperto, sulla prua della nave, mentre dalle ampie vetrate giunge a noi un'alba dal cielo limpido e sereno. C'è qualcosa che rimanda ai libri di scuola, ad un'insegnante di inglese di molti anni fa ormai quasi dimenticata, in quelle bianche scogliere, che si presentano sempre più chiare, sempre più distinte alla luce del mattino. Andrea, imitato da quasi tutti i passeggeri, si lancia in raffiche di foto alle famosissime e bellissime White Cliffs of Dover, che preannunciano l'Inghilterra e la sua costa sud-orientale.
Regoliamo gli orologi un'ora indietro quando sbarchiamo a Dover. La tensione è altissima per la guida a sinistra; affronto la prima rotatoria, poi un'altra, mentre resto concentrato al massimo, quasi stupito di essermela cavata subito senza danni.
Puntiamo, in direzione opposta a Canterbury, verso St Margaret's at Cliffe, per cercare di vedere più da vicino le bianche scogliere. Percorriamo con non poca apprensione i pochi chilometri che ci separano dal villaggio, caratterizzato da ville e cottage, separati da strette vie, attraverso cui il nostro Superbrig si disimpegna con qualche difficoltà; le auto sono poche e le abitazioni sembrano apparentemente vuote.
Sono le h 8.30 quando parcheggio alla buona e scendo a dare un'occhiata (N51.15348° E1.38756°). Le bianche scogliere sono una visibile e vicina promessa, bersaglio della mia macchina fotografica e della mia videocamera; la temperatura è mite e il sole fa risplendere di bianco la famosa parete che si lancia perpendicolarmente a picco verso il mare blu, sostenendo un pianoro ricoperto di verde. In lontananza un faro bianco. Una strada tortuosa conduce verso il basso, all'altezza del mare, ma non osiamo percorrerla con il nostro mezzo; in Scozia avremmo battuto strade ben più strette ed impervie, ma per adesso non vogliamo approfittare oltre della benevolenza del santo protettore dei viandanti nel loro primo ardimentoso giorno di guida a sinistra.
Ripartiamo per Canterbury. Ancora guida a sinistra lungo i 30 chilometri della A2, fino a fermarci, alle h 9.30, presso il New Dover Park & Ride (New Dover Road, N51.26145°, E1.09992°). Il parcheggio accoglie il turista itinerante con una sezione adibita esclusivamente ai camper ed è l'unico nel Regno Unito, almeno per quella che è stata la nostra esperienza, ad essere dotato di un comodo camper service a piazzola. Il prezzo di £ 2.50 include il biglietto AR per il pullman navetta per il centro e copre la sosta anche per 24 ore.
Scendiamo dal nostro mezzo, due chiacchiere con i tanti camperisti italiani parcheggiati -quasi una piccola colonia in terra inglese-, e via con la navetta verso la città. Le strade del centro di Canterbury, cinto da mura medioevali, sono uno spettacolo di negozi e negozietti, e sono affollate da turisti. Un venditore ambulante decanta a squarciagola la prelibatezza delle sue fragole; alcuni armigeri, dall'interno delle loro armature, distribuiscono volantini; davanti al portale che conduce alla cattedrale, un gruppo vocale a cappella ci delizia con canti in stile anglo-celtico. Paghiamo £ 22.50 per l'ingresso alla principale attrattiva della città; alla biglietteria la ragazza ci consiglia anche di visitare, presso la chiesa sconsacrata di St Margaret, la mostra audiovisiva ed olfattiva dei Racconti di Canterbury, famosa anche per l'esibizione di alcune delle sconcezze tanto care al loro autore Geoffrey Chauser, nonchè il Museo di Canterbury.
L'immensa cattedrale, in stile gotico, monumento all'arte e alla memoria storico-architettonica anglosassone -un tempo meta di pellegrinaggio per la nota vicenda dell'uccisione di Thomas Becket, poi santificato-, vale certamente la visita, non l'esoso obolo per accedervi.
Ritorniamo con la navetta al parcheggio e, mentre Liliana prepara il pranzo, scambio alcune impressioni con altri camperisti italiani, che lamentano la difficoltà di trovare un posto libero presso i campeggi di Londra, ove -si sa- non esistono parcheggi per camper. Telefono prima al campeggio Crystal Palace, ma mi risponde una segreteria telefonica e poi all'Abbey Wood, dove mi confermano il tutto prenotato e mi danno indicazioni per un altro campeggio alla periferia di Londra, presso Redhill. Ci mettiamo in movimento per percorrere i circa 100 chilometri, che ci separano dal campeggio nostra meta, attraverso la complicata rete di cerchi concentrici tangenziali a Londra; il tempo trascorre, ma ci rendiamo conto che, sul display del nostro apocalittico Nostradamus, la distanza chilometrica verso la meta, invece di ridursi progressivamente, aumenta, e che siamo passati più volte dagli stessi tratti di strada, di cui riconosciamo alcuni particolari. Il nervosismo e l'irritazione cresce; la paura è tanta quando affronto una rotatoria nell'opposto senso di marcia, trovandomi un'auto e il suo gesticolante conducente davanti al muso del nostro Superbrig: forse San Tommaso Becket ha avuto per noi un occhio di riguardo.
E' da diversi minuti che cerco invano una semplice piazzola per una sosta momentanea. Finalmente riesco a fermarmi in un paesino; scendo dal camper, mentre, senza essere stato interpellato, un signore mi chiede con gentilezza se abbia bisogno di aiuto; mi porta nel suo cottage e consulta un elenco telefonico ed una cartina geografica, poi mi dice di comprendere la nostra difficoltà a raggiungere il camp site, dal momento che l'indirizzo non è del tutto corretto. “I'll get my car and you'll follow me.” Intende farci strada con la sua auto. Gli dico che non occorre che si disturbi tanto, ma il suo sorriso è più disarmante delle sue ferme intenzioni. Percorriamo più di 10 chilometri incollati alla Saab inglese, fino al cancello d'ingresso del campeggio. Scendo, non riesco a trovare le parole adatte per ringraziare il Gentleman (la “g” maiuscola non è un refuso); la mia commozione è tanta, una stretta di mano calorosa, ma la sua auto è già ripartita ed è ormai lontana dal mio sguardo, quando mi viene in mente che avrei potuto almeno chiedergli il nome e l'indirizzo di posta elettronica.
Il nome del campeggio, che appartiene alla catena della Caravan Club, è Alderstead Heath (via: Dean Lane; località: Merstham; GPS: N51.28408° W0.13751°); il nostro navigatore era stato indotto ad un errore sistematico, perché era stata impostata come località la vicina Redhill e non Merstham. In quanto soci della Caravan Club, paghiamo £ 47 per due notti. Il campeggio dista circa 30 Km da Londra. Domani mattina un pulmino, organizzato dal campeggio stesso, ci porterà alla vicina stazione ferroviaria di Merstham e da lì prenderemo un treno per la metropoli inglese; qualora si voglia partire in altri orari, è possibile chiamare un taxi per raggiungere la stazione ferroviaria. Il campeggio è dotato di docce e servizi (come vedremo non tutti i campeggi della catena lo sono).
Sono le h 1900, la serata è serena; facciamo un giro per i larghi e tranquilli viali del campeggio, che delimitano ampie e verdi piazzole; incontriamo una famiglia italiana conosciuta stamane a Canterbury. Andrea e Sofia giocano in silenzio. Doccia e cena, poi a nanna.
Oggi percorsi 170 km.


Quarto giorno, mercoledì 4-8-2010

Il tempo è incerto, quando, alle h 9.40, saliamo sul pulmino che ci costerà £ 5.80. Dalla piccola stazione ferroviaria di Merstham, ove è momentaneamente guasta la biglietteria, il treno impiega circa 40' fino alla stazione ferroviaria di London Bridge. La metropoli si avvicina e, fin dai sobborghi, notiamo dai finestrini i 180 metri della Swiss Re Tower, meglio conosciuto come Gerkin, cioè il cetriolo; i bambini ridono di cuore e pensano che il familiare nome d'ortaggio conferito al famoso edificio della City, dall'ardita forma ogivale e sede di un'importante compagnia assicurativa, sia un parto della mia fantasia.
Presso la stazione ferroviaria di London Bridge acquistiamo la London Day Travel Card (£ 9.40 per adulto; £ 1 per bambino), che dà diritto a viaggiare su tutti i treni suburbani di Londra, su tutti gli autobus urbani e su tutte le linee della metropolitana.
Siamo consapevoli che ci attende un viaggio lungo ed impegnativo e il ritardo di un giorno sulla nostra iniziale tabella di marcia ci consiglia ad un tour di Londra all'insegna del mordi e fuggi in apnea, per respirare con parsimonia l'aria di una delle più grandi metropoli mondiali; portare con sé quante più immagini possibili, potere dire a se stesso “ci sono stato anch'io”, mentre in mente scorre scandita la promessa di un prossimo ritorno durante questa vita, magari con a disposizione diversi giorni da dedicare alla visita.
Appena usciti dalla stazione ferroviaria, il primo edificio a meritare l'interesse dei nostri obiettivi è la Southwark Cathedral, in stile gotico.
Ci guardiamo intorno e cominciamo a renderci conto del luogo in cui ci troviamo: si ha l'impressione di essere in un another side of Europe, un altro lato dell'Europa: sarà per le auto con la guida a destra, che compongono un traffico ordinato, compassato ma inestricabile; e per i caratteristici double deckers rossi -autobus a due piani; e per la gente di ogni nazionalità, normale, in ghingheri, bizzarra, che si assembra per le vie, negli accessi alla metropolitana; e per le cabine telefoniche di un rosso acceso; e per le pillar box -buche per la posta, anch'esse di colore rosso e dalle forme più svariate.
La vista del Tamigi dal Ponte di Londra (London Bridge) è solamente il replay di tante cartoline e di tante immagini televisive e cinematografiche, in cui la incipiente pioggia non manca il suo ruolo di compartecipe allo scenario. Dal ponte più famoso di Londra, primo ponte nella storia a collegare le due rive del fiume, il colpo d'occhio sulla metropoli è straordinario. Andrea e Sofia riconoscono Harry Potter in uno degli strani figuri che, a cavalcioni di una scopa, si lanciano a pelo d'acqua lungo il Tamigi, lasciandosi poi alle spalle il Tower Bridge.
Prendiamo un urbano e scendiamo alla Torre di Londra (Tower of London), complesso fortificato medioevale, che nella storia ha svolto varie funzioni, ma che noi ricordiamo dai libri di scuola per le sue guardie in costume variopinto (i Beefeaters, cioè i mangiatori di carne) e perché ivi sono custoditi i gioielli della corona. Da un vallo lungo le mura della Torre di Londra, il passo verso il Tower Bridge è breve, mentre la pioggerellina diventa pioggia. Percorriamo a piedi, coperti dalle nostre mantelline impermeabili, il fantastico ponte mobile, che collega le due torri e le loro guglie, fino all'ingresso del museo, per poi ritornare indietro sui nostri passi.
Saliamo su un double-decker, vecchio probabilmente di un'onorata attività trentennale, e approfittiamo del fatto che è vuoto per sederci sui posti più anteriori del piano superiore. L'ampia superficie vetrata davanti a noi, screziata da gocce di pioggia sempre più fitta, è uno schermo protettivo, attraverso cui scorrono filtrate le immagini della Cannon Street, una delle vie più famose di Londra. Alla nostra destra passa la grandiosa cupola della Cattedrale di San Paolo (St Paul's Cathedral) e poi la sua torre dell'orologio che racchiude la caratteristica Scala Geometrica, che compare in alcune scene di due dei film del maghetto di Hogwarts; Sofia e Andrea sono lesti a notare la presenza dei tre Mangiamorte che si apprestano a distruggere, alla nostra sinistra, il Millennium Bridge, splendido ponte pedonale attraverso il Tamigi, costato alla Corona più di 18 milioni di sterline; l'autobus a due piani fa capolinea nei pressi di Trafalgar Square, così scendiamo, mentre la pioggia dà una tregua velata di un pallido sole. Dall'alto della sua colonna di 30 metri, Horatio Nelson ci saluta e ci dà appuntamento in un futuro in cui non ci sarà tanta fretta a tiranneggiarci. Percorriamo a piedi Parliament Street: incontriamo prima il Big Ben, poi il Palazzo di Westminster (House of Parliament); nel tentativo di scattare una foto ai nostri bambini in compagnia di un poliziotto inglese, Liliana fa cadere a terra la macchina fotografica, che si rompe irreparabilmente: le lacrime di Andrea, suo affezionato e legittimo proprietario, faranno parte dei ricordi di questo indimenticabile viaggio. Lungo la Casa del Parlamento la statua di Oliver Cromwell ci ricorda le vicende di un condottiero che lottò contro la monarchia inglese e la cui salma fu riesumata in seguito, per subire l'onta dell'esecuzione postuma.
Ci sediamo sui gradini, tra la Jewel Tower e il retro dell'Abbazia di Westminster, per fare una pausa, mentre un oratore arringa un folto gruppo di ilari ragazzi. Ancora un salto all'Abbazia di Westminster, che vediamo dall'esterno, ammirati per il suo stile gotico, che tuttavia la rende singolare rispetto a tante altre chiese che incontreremo nel Regno Unito, e poi via, con un più moderno double-decker lungo Victoria Street, fino a Victoria Station. Non sarà facile trovare il treno per la nostra stazione periferica di Merstham, nell'intrico della più grande e famosa stazione ferroviaria di Londra. Alcune richieste di informazioni e altrettante gentili e puntuali risposte ci guidano, lungo le banchine, verso il convoglio giusto, da cui scendere per prendere, con notevole dispendio di tempo, un'ulteriore coincidenza. Dalla stazioncina di Merstham sarà un vecchio taxi, dai sedili bisunti, a riportarci, per la somma di £ 6.00, nel nostro campeggio.
Non so se consigliare, a chi volesse visitare Londra, un campeggio così lontano dalla città; certo è che mettere in conto più di due ore di viaggio, tra andata e ritorno, può essere un prezzo troppo alto da pagare al limitato tempo a disposizione di chi soprattutto ha da gestire bambini ancora in tenera età, pronti a protestare la propria stanchezza ed insofferenza. Riterrei pertanto più opportuno indirizzarsi sui campeggi più centrali (Crystal Palace e Abbey Wood), per i quali, tuttavia,almeno nei mesi estivi, è necessaria una prenotazione congruamente anticipata.
Andrea e Sofia trascorrono la restante parte del pomeriggio a giocare con un loro coetaneo londinese, sfoderando il loro inglese fatto di numeri e colori. Poi la doccia e la cena per concludere una faticosa giornata.

Quinto giorno, giovedì 5-8-2010

Si parte dal campeggio alle h. 10.15. La ragazza che ci apre la sbarra ci augura un “safe journey”, un viaggio sicuro: e noi lo speriamo di cuore. Ci immettiamo nel traffico caotico ma regolare delle tangenziali londinesi. Sono le h 12.00 quando percorriamo il Dartford Tunnel sotto il Tamigi, dopo una snervante coda e dopo aver pagato il pedaggio di £ 1.50. Una serie di cantieri ci rallenta ancora, e così raggiungiamo Cambridge alle h 1400, dopo aver percorso 140 Km. Parcheggiamo presso il Trumpington Park & Ride in Hauxton Road (N52.16841°, E0.10683°).
All'inizio si viene accolti da incoraggianti barriere che impediscono l'accesso ai veicoli ricreazionali, ma non bisogna perdersi d'animo ed invece guidare a destra, oltre l'ingresso principale, per circa cento metri fino ad un cancello secondario sulla sinistra, da far aprire all'addetto che può essere chiamato presso la bassa costruzione all'interno del parcheggio stesso. Il Park & Ride è infatti dotato di alcuni posti riservati ai camper, è gratuito, ma la sosta è consentita fino alle h 20.00 (No Overnight!); i biglietti AR per il bus si acquistano al prezzo di £ 2.60 per adulto, mentre i bambini hanno il privilegio di non pagare.
Ne approfittiamo per pranzare a base di buoni spaghetti al pomodoro e poi via verso il centro di Cambridge. Il tempo è discreto e le vie della città sono gremite di studenti. L'autobus a due piani ci lascia al fondo di Pembroke Street, che ripercorriamo a piedi fino a Trumpington Street, che è fantastica per la concentrazione di edifici storici, che per lo più sono parte di college universitari.
Alla nostra destra, oltre un ingresso ad arco, intravediamo la cappella del Corpus Christi College e un po' più avanti, dietro ad una vetrina facente parte del medesimo edificio, un massiccio orologio d'oro, il Corpus Clock, dalla particolare forma a scudo e dal pendolo a sfera. Alla nostra sinistra la splendida Kings College Chapel, poi il Trinity College, che non possiamo visitare perché è chiuso. Rimediamo entrando al Saint John's College ( £ 3.20 per adulto, bambini al di sotto dei 12 anni gratis), di cui ammiriamo solo i viali, i prati verdi, gli archi, i passaggi tra i vari edifici interni, le scale e gli anditi bui che risuonano ancora di quella vita comunitaria studentesca attraverso i secoli, e di lunga tradizione nella formazione di personalità illustri della storia britannica. Il college è diviso in due dal fiume Cam, il cui corso è solcato da numerose imbarcazioni a remi colme di turisti, che ricordano una certa città italiana, così come il così detto Bridge of Sights (Ponte dei Sospiri).
Sono le h 17.15 quando ripartiamo da Cambridge. Ho prenotato per questa notte un campeggio della Caravan Club presso il Clumber Park, che è a nord della foresta di Sherwood. Il nostro profetico navigatore ci fa prendere la A1, che è una strana quasi autostrada a quattro corsie, in cui fantasiosi segnali di pericolo, mai incontrati in altre nazioni, preannunciano ad esempio il transito di trattori (Farm Traffic), che puntualmente si materializzano davanti al muso del nostro Superbrig, creando talvolta inevitabili code.
Il sole è ormai basso all'orizzonte, quando, dopo aver percorso circa 160 Km, siamo nei pressi della nostra meta; è una strada stretta, che si dipana attraverso una foresta fitta, quella in cui ci troviamo. Da alcuni chilometri non incontriamo anima viva ed è quando Nostradamus vorrebbe portarci in un sentiero di campagna che capiamo di avere qualche problema. Nessuno dei nostri telefonini trova il campo dei gestori britannici e così non mi è possibile chiamare il campeggio. La nostra fantasia corre e un po' ci ridiamo su. Uno strano tizio in costume d'epoca, munito di arco e frecce, ci ferma; gli chiediamo se gentilmente vorrebbe restituirci quanto ci viene forzosamente prelevato dai nostri stipendi a causa dei nostri ricchi connazionali, evasori del fisco furbescamente subtotali o totali, ma il losco figuro, dopo aver sghignazzato a crepapelle, si dissolve davanti ai nostri sguardi attoniti. Ci aggiriamo ancora, mentre il tempo scorre inesorabile, fino a giungere davanti ad un cancello, la cui apertura è comandata da una tastiera numerica; c'è un'auto ferma accanto; e c'è una persona al suo interno. Io e Liliana scendiamo. L'anziana signora e il suo sorriso attraverso il finestrino, che si abbassa lentamente, sono rassicuranti, anche se le sue indicazioni ci sembrano irreali, come la situazione che stiamo vivendo: a detta dell'anziana dovrei “chiamare” qualcuno alla casa bianca che si intravede al di là del cancello, ma non capisco come, forse con un megafono. Restiamo alcuni minuti davanti al cancello a constatare l'assenza di qualsiasi citofono o campanello. Dal finestrino la signora urla continuamente: “Call someone at the white house...”. Finalmente si appresta ad uscire dal cancello un'automobile, il cui conducente gentilmente poi mi fa entrare e mi spiega come arrivare al campeggio, che da lì dista poche centinaia di metri.
Questa volta siamo stati cattivi e siamo arrivati al campeggio alle h 20.20 e così non ci fanno entrare, ma ci permettono di disporci nell'area riservata ai ritardatari, pur dotata di allaccio elettrico e di fontanella. Domani pagheremo £ 13.80. Il nome del campeggio, nel cuore del Clumber Park, è, manco a dirlo, proprio Clumber Park (N53.28223°, W01.06113°), nei pressi del piccolo centro abitato di Worksop, a circa 60 Km a nord di Nottingham. Domani ci spiegheranno che per accedere al campeggio senza avere grane sarebbe bastato arrivare dalla Blyth Road (A614) e poi svoltare, oltre un grande arco di pietra, per la Lime Tree Avenue.
Siamo isolati dal resto del mondo. Nessun cartello o straccio di indicazione con il nome del campeggio. Nessun telefono che riceva il segnale. Ma questi inglesi -almeno questi della Caravan Club- preferiscono così.
Oggi percorsi complessivamente 311 Km.

Sesto Giorno, venerdì 6-8-10

Mattino, si parte. Sono 48 Km fino a Lincoln, percorrendo la A57. Nei pressi di Dunham, all'altezza del ponte sul fiume Trent, paghiamo un pedaggio di 30 pence (Dunham Toll Bridge). Non è difficile raggiungere il Tentercroft Street Car Park (N53.22552° , W0.53892°), che è vicino al centro della città. Sistemiamo il nostro Superbrig in una parte del grande parcheggio non gremita di auto, pagando £ 3.50 per 3 ore. Alcuni ragazzi si guadagnano da vivere lavando le auto parcheggiate; uno di loro mi chiede scherzando se può esercitare la sua arte sul nostro bestione.
Il cielo è grigio, di quel grigio senza sole e senza pioggia, ma, in compenso, Lincoln si rivela degna della veloce visita che ci apprestiamo a dedicarle. La High Street diventa quasi subito una stretta via in cui la moltitudine si cimenta nel ruolo di pedoni fruitori di spazi sgombri da automobili, di turisti, di perditempo, di gitani intenti a suonare la fisarmonica, di uomini d'affari in giacca e cravatta. I negozi ai lati della strada si accalcano uno dopo l'altro, quasi senza soluzione di continuità, e le loro insegne di tutti i colori testimoniano di un modo diverso di vivere l'occidentalità. Dopo un arco che ci fa passare sotto un antico palazzo, la strada sale, sempre in maniera più scoscesa, fino a quell'edificio che domina dall'alto ogni cosa, essendo il sale e l'emblema della città stessa: la splendida cattedrale, in stile gotico inglese, tra le più grandi e suggestive del Regno Unito, caratterizzata da due torri gemelle e da una torre centrale che con i suoi 82 metri è la più alta in Europa, tra quelle prive di guglia. Il biglietto famiglia per la visita alla chiesa, i cui interni sono l'elogio della verticalità, ci costa £ 13.20, mentre ci limitiamo ad ammirare dall'esterno il vicino castello, che custodisce una delle quattro copie originali della Magna Charta.
Ritorno sul camper, pranzo e ripartenza verso York, destinazione più complicata di quanto non ci facciano pensare i 113 Km profetizzati dal nostro navigatore, prima per una lunga coda, poi per la pioggia che rende più problematica la guida. Ci aggiriamo a lungo per York alla ricerca di un parcheggio, che, come i miraggi, sembra avvicinarsi e poi allontanarsi. La città è meravigliosa e, di semaforo in semaforo, di incrocio in incrocio, solo il timore di distrarsi e di inserire un automatismo da guida a destra, impedisce di gustare a fondo le splendide mura, l'antico, il recente e il nuovo fusi armoniosamente. Piove molto forte e finiamo nei sobborghi di York; un autobus urbano si ferma accanto al finestrino dalla parte di Liliana e l'autista, senza badare al traffico, ci chiede se abbiamo bisogno d'aiuto.
Ritorniamo indietro e, questa volta, noncuranti delle fallaci quartine di Nostradamus, riusciamo a parcheggiare alle h 1800 presso il St George's Field Car & Coach Park (N53.95268°, W1.07893°), accanto ad altri camper. Il parcheggio è vicino al centro storico e insiste sulla riva ovest del fiume Ouse. Scendo, sotto una pioggerellina sottile, e scambio quattro chiacchiere con un simpatico camperista tedesco che è in procinto di partire. Anche un altro camperista sta per lasciare il parcheggio, è italiano e mi dice di avervi pernottato e di non aver avuto problemi, malgrado sia in bella vista un cartello nuovo di zecca (“No Overnight”) che proibisca la sosta notturna; il signore mi racconta inoltre come ieri fosse passata da lì la polizia senza che avesse manifestato alcuna obiezione; a suo dire, questi cartelli sarebbero volti a scoraggiare la sosta di zingari, ma non sarebbero indirizzati a quei turisti itineranti che al massimo trascorrano una notte, contribuendo ad incrementare il numero dei visitatori della città. Sarà come dice lui, almeno così ci auguriamo con altre due famiglie italiane con cui decidiamo di fermarci per la notte. Il parcheggio, dalle h 800 alle h 1800, costa £5.10 per tre ore, £ 10 per dieci ore, mentre dalle h 1800 alle h 2400 costa £ 2.
Ormai per noi non è ora per la visita alla città; il tempo è incerto, siamo stanchi e i bambini hanno fame. Più tardi ci ritroveremo, davanti ai nostri camper, a fare la conoscenza dei nostri vicini italiani. Una famiglia -genitori e due ragazzi al seguito- è di Monza, l'altra -due coniugi- è di Brescia. E' curiosa la dinamica di certi incontri e come dalla casualità nasca la storia. Ernesto e Franca di Brescia hanno in mente il nostro stesso itinerario e pian piano diventeranno nostri compagni di viaggio ed amici.
Tra il serio e il faceto, inseriamo tutti nei nostri navigatori l'indirizzo di un vicino campeggio della Caravan Club, qualora la polizia, nel corso della notte, decida che occupiamo indebitamente il suolo britannico; il campeggio sarà sicuramente chiuso ma l'area per i “Late Arrivals”, per i ritardatari, non dovrebbe esserlo. Il nome del campeggio è Beechwood Grange; Malton Road, York; N53.99514°, W1.02764°; e dista circa otto chilometri dal centro della città.
La serata è calma. Di tanto in tanto, fino alle prime ore della notte, i ritmi ossessivi di una musica techno segnalano il passaggio, lungo il vicino fiume Ouse, di battelli su cui impazzano feste con resse di ragazzi, probabilmente ubriachi e additivati di chissà cos'altro, dalle lontane movenze di manichini.
Oggi percorsi 200 Km.

Settimo giorno, sabato 7-8-2010

E' bel altra cosa svegliarsi al mattino ed essere al centro della città che si vuole visitare. Soprattutto quando è il sole ad accogliere chi abbassa gli oscuranti. Anche un camper inglese ha trascorso la notte un po' più discosto da noi. Paghiamo la sosta per tre ore, ci scambiamo i numeri di telefono con Ernesto e partiamo per la visita di York.
E' breve il passo dal parcheggio alla Clifford's Tower, che dalla sua verde montagnola tondeggiante testimonia di un passato di fortificazioni, di lotte, di uccisioni, di suicidi di massa al suo interno. Il centro di York è indescrivibilmente affascinante e bello per l'aria che vi si respira nelle sue strette vie dai sorprendenti negozi, fino ad arrivare alla piazza dell'imponente cattedrale, anch'essa in stile anglo-gotico con le sue tre torri esterne. Entriamo attraverso l'ingresso presso il transetto sud della cattedrale per respirarne l'aria, ma qui ci fermiamo, cercando di cogliere quanto più i nostri sensi ci consentano, per risparmiare al nostro portafoglio l'ennesimo salasso. L'accesso alla chiesa sarebbe costato £8.00 per adulto, bambini gratis, mentre l'accesso alla torre £5.00 per adulto, bambini £3.00.
Uno strano tavolo, quasi lasciato per caso in un angolo del transetto sud, con tutto il suo piano costituito da un grande specchio, colpisce la curiosità di Andrea e Sofia, senza che noi sapienti adulti sappiamo soddisfare le loro domande sulla sua funzione e significato.
Dalla cattedrale, lungo la breve Petergate, attraversiamo la Bootham Bar, una delle storiche quattro porte d'accesso alla città, e, salendo una scalinata di pietra, ci troviamo sullo stretto camminamento delle mura, da cui si ammira ancora di più la grandiosità delle torri e delle guglie del duomo e il colpo d'occhio sui tetti di York.
Ritorniamo sui nostri passi, mentre le vie della città si sono ancora più popolate. Un artista da strada incanta i bambini con le sue posture da statua colorata, mentre, più avanti, degli anonimi scultori stanno modellando con straordinaria abilità delle enormi statue di sabbia, raffiguranti dei soldati in costume medioevale. Liliana, memore dei suoi trascorsi di dispettosa bambina, vorrebbe lanciare una monetina contro quelle meraviglie: mi tocca prenderla per mano e portarla via insieme agli altri due, di cui è mamma.
Sono le h 11.30, quando ripartiamo dal parcheggio di York, diretti verso Rievaulx Abbey. Non abbiamo molta fiducia nelle elucubrazioni di Nostradamus, ma riteniamo che i 45 chilometri di strada tortuosa e a tratti stretta che ci fa percorrere lungo la caratteristica campagna dello Yorkshire, disseminata di cottage e di ville di campagna, sia l'unica possibile per raggiungere i ruderi di quella che fu una fiorente abbazia cistercense, sciolta da Enrico VIII nel 1538. Lungo la strada brevi acquazzoni si alternano a squarci di sereno, mentre l'ultimo tratto verso l'abbazia ha una pendenza impressionante. Il parcheggio nei pressi del sito turistico è pieno di automobili; Ernesto è riuscito a sistemare il suo Elnagh, ma per noi non c'è posto, per cui torniamo indietro e parcheggiamo il nostro Superbrig, su un vicinissimo prato verde, che speriamo sia demaniale (N54.25744°, W01.11920°). Il biglietto famiglia ci costa £ 16. Anche il parcheggio “ufficiale” ha un costo che non ricordo, ma la somma sarebbe stata restituita all'atto dell'acquisto del biglietto d'ingresso all'attrazione. La signora alla cassa, che, conversando amabilmente, mi dice di avere una figlia che lavora a Varese, mi propone l'acquisto di un abbonamento che, al modico prezzo di £ 43 per 7 giorni o di £ 51 per 14 giorni, ci avrebbe dato diritto alla visita di tutta una serie di monumenti storici britannici (English Heritage), di cui mi dà una piantina.
L'abbazia si fonde in maniera perfetta nello scenario in cui sorge e attraverso i tre piani di archi e finestre ogivali, che costituiscono i ruderi, non trovano alcun ostacolo le immagini della campagna circostante, degli alberi, di un lontano cavallo bianco. Il pavimento è il prato della collina, e il tetto è il cielo, ma il fascino risiede in quello che è possibile immaginare che fu. Accanto ai ruderi è allestita una mostra sulle attività per le quali l'abbazia era stata prospera, prima che su di essa si fossero scagliati gli strali del sovrano inglese.
Ernesto e Franca sono già ripartiti. Noi ci fermiamo ancora per la nostra pausa pranzo, poi ci dirigiamo alla volta di Durham. I 94 Km che ci separano dalla cittadina inglese si dipanano, almeno inizialmente, attraverso saliscendi sulla campagna inglese.
Dopo alcuni vari e vani giri per le strade di Durham, parcheggiamo a lato del numero 20 della Crossgate, inserendo una sterlina nel parchimetro. Non è il massimo della comodità, la strada è scoscesa, anche se non ci sembra lontano dal centro. Affrontiamo la discesa a piedi fino a percorrere il ponte sul fiume Wear e poi la salita, sempre più ripida, prima lungo la Silver Street, infine lungo la Saddler Street: la favolosa piazza su cui sorgono il castello e la cattedrale sono il giusto premio per quattro viandanti con il fiatone. Gli esterni del duomo continuano a presentare i soliti richiami gotici, ma non nascondono, nella solida maestosità delle torri, l'impronta normanna; l'ingresso è libero e noi ce lo godiamo tutto, anche se è proibito scattare fotografie; un poderoso organo, i cui bassi fanno vibrare il pavimento, sostiene le prove di un coro a cappella; nel mentre alcuni personaggi, ben noti ad Andrea e Sofia, si affaccendano nelle vicende di “Harry Potter e la Camera dei Segreti” e di “Harry Potter e la Pietra Filosofale”, alle quali la cattedrale, con il suo splendido chiostro, con la sua sala del capitolo e con i suoi esterni, ha fornito sfondo e ambientazione.
Il castello è chiuso e così facciamo ritorno sul camper.
I 75 chilometri verso il campeggio Nunnykirk della Caravan Club, a sud di Rothbury (N55.23327°, W01.89324°), fanno parte dell'epica di un viaggio in cui primeggiano strade strette, fitte foreste e saliscendi degni di Gardaland. Sono le h 18.45 quando il guardiano del campeggio, che aveva ben in mente la nostra prenotazione, ci accoglie e ci indica la piazzola da occupare, raccomandandoci di lasciare due piazzole libere rispetto a quelle in cui si trovano ai lati i nostri vicini. Verde è il colore dominante e grande è il senso di libertà degli ampi spazi a disposizione, mentre non sono percepibili rumori di sorta quando spengo il motore di Superbrig. Il campeggio, che domani ci costerà £ 15.60, non è dotato di servizi, ma di camper service di tipo nautico.
Pochi minuti dopo, mentre sono intento a scaricare le acque grigie con la mia tanica a ruote, arriva Ernesto che sistema il suo camper poco più lontano dal nostro.
Più tardi Ernesto e Franca non mancheranno di rimarcare stupefatti la strana e singolare cornice in cui ci troviamo: totale assenza di campo per i cellulari, aleatoria presenza di britannici all'interno di grandi roulotte, dotate di ogni comodità, compresa la TV satellitare.
Siamo al Nord dell'Inghilterra e la Scozia adesso non è lontana.
Oggi percorsi 213 Km.

Ottavo giorno, domenica 8-8-2010

Ripartiamo alle h 10.00 dal campeggio Nunnykirk, diretti verso il Castello di Alnwick, che, ormai da diversi mesi, i bambini chiamano il castello di Harry Potter.
Percorriamo i 29 chilometri che ci separano dalla nostra iniziale meta odierna, prima lungo la B6342 e poi, dopo Rothbury, lungo la B6341; la strada -stretta, talvolta tortuosa, densa di saliscendi, ma veramente suggestiva- ci rallenta di molto. Nei miei specchietti arriva lentamente anche il camper di Ernesto e Franca. Un arco di pietra nel centro storico di Alnwick, troppo basso per le mansarde dei nostri mezzi, ci costringe per ben due volte a complicate inversioni. Ad una rotatoria Ernesto prende una direzione diversa dalla nostra e noi parcheggiamo alla fine lungo una strada in discesa (The Peth, N55.41707°, W1.70769°), facendo salire il nostro Superbrig sul basso marciapiedi, per non ingombrare troppo la carreggiata. Ernesto troverà un parcheggio più congruo del nostro vicino al castello. Anche noi siamo vicini al castello e ben presto lo raggiungiamo a piedi.
L'ingresso al castello e ai giardini ci costa £ 46, ma non ne avremmo potuto fare a meno.
Veniamo introdotti in un'atmosfera d'altri tempi, in cui i bambini indossano dei costumi medioevali per andare alla caccia di un feroce dragone all'interno di un percorso buio, pieno di presenze spettrali, di specchi deformanti, di suoni ed urla agghiaccianti. Dismessi gli abiti di paladino della fede e di principessa rinchiusa nella torre, Andrea e Sofia si cimentano in altre arti manuali in cui eccellevano gli avi del duca di Northumberland, attuale proprietario del castello.
Mentre lungo le mura ci avviamo verso la Abbot's Tower (torre dell'abate), Harry Potter e gli altri studenti sono impegnati nella prima lezione di volo a cavalcioni di una scopa, e Neville Paciock va maldestramente a spiaccicarsi contro le mura degli appartamenti del castello, proprio sopra una statua raffigurante un leone, per poi passare terrorizzato attraverso l'arco della torre barbacane (barbican) e concludere il proprio volo precipitando rovinosamente a terra.
La torre dell'abate ospita una mostra storica sui fucilieri del Northumberland che nelle varie epoche hanno militato negli eserciti britannici.
Ci apprestiamo ad entrare negli appartamenti del castello, proprio mentre i nostri eroi, dopo aver assistito alla lezione di levitazione del Professor Filius Vitious e alla esibizione dell'incantesimo Wingardium Leviosa, ne stanno uscendo diretti verso il bastione interno. Gli appartamenti lasciano apprezzare magnifici arredamenti e dipinti, e la sfarzosa ambientazione di una Inghilterra d'altri tempi, anche se non ci sarà consentito scattare alcuna fotografia.
La porta del leone (Lion Arch), entrata originale di Hogwarts -almeno nella “Pietra Filosofale” e nella “Camera dei Segreti”-, ci conduce verso il meraviglioso giardino. Alla nostra sinistra il gigantesco e barbuto Hagrid sta catechizzando Harry Potter, Ron e Hermione.
I giardini sono l'ennesimo divertimento per Andrea e Sofia, con percorsi labirintici e giochi d'acqua di tutti i tipi, che fanno diventare ancora più bambini e più dispettosi i loro genitori.
Alle h 14.30 lasciamo Alnwick. Ernesto e Franca devono essere ripartiti da tempo. Oggi vogliamo fermarci ad Edimburgo, che dista circa 150 chilometri, ma la fretta di arrivare per tempo alla nostra meta odierna, in cui non abbiamo definito dove pernottare, ci fa commettere alcuni errori. Imbocchiamo la A1; vediamo le indicazioni per il Castello di Bamburgh, che avrebbe sicuramente meritato una visita, ma passiamo oltre; nella stradina verso la vicina Holy Island incontriamo, nell'opposto senso di marcia, Ernesto che ci dice che è impossibile proseguire, a causa dell'alta marea. Continuiamo finché possiamo, ed effettivamente, alle h 15.15, siamo costretti a fermarci perché la marea ha invaso la strada davanti a noi. Da un cartello alla nostra sinistra risulta che fra due ore ci sarà nuovamente la bassa marea, ma noi rinunciamo alla visita dell'isola santa della cristianità celtica e della sua abbazia, che, per certi aspetti, ci avrebbero ricordato la splendida Le Mont Saint Michel nella Bassa Normandia.
Siamo sempre sulla A1, quando, alle h 16.15, varchiamo il confine con la Scozia. Il goloso Superbrig fa, come è sua abitudine, scorpacciate di gasolio, così, non trovando distributori sulla superstrada, sono costretto ad entrare nell'abitato di un paesino alle porte di Edimburgo per fare il pieno a £ 1.19 (1.44 euro).
Non appena arrivati nella capitale scozzese, dopo vari giri a vuoto, ci fermiamo sul Morrison Car Park, vasto parcheggio in ghiaia , a pagamento, a circa due chilometri dal castello, privo di divieti (N55.94627°, W3.07682°). Il parcheggio è semivuoto e ci viene qualche patema d'animo se pensiamo alla notte, così decidiamo di accettare l'invito di Ernesto che, poco prima, ci aveva telefonato le coordinate di un campeggio nei sobborghi di Edimburgo. Infatti, dopo circa 30', arriviamo al Lothian Bridge Caravan Park, presso un alto ponte ferroviario dismesso. (Newtongrange, N55.87167°, W03.07682°). La ragazza alla reception mi chiede, per due notti, il pagamento anticipato di £ 40 e mi dà la chiave per l'accesso alle docce, che sono solamente due. I rumori della vicina strada, molto trafficata, ci ricordano che non si tratta di un campeggio della Caravan Club.
Ernesto e Franca sono in città, ma noi preferiamo rimanere sul camper per trascorrere il resto della serata.
Oggi percorsi 200 Km.

Nono giorno, lunedì 9-8-2010

Stamane sveglia presto. Sta piovigginando quando, alle h 7.40, mi avvio per fare la doccia; è presto e, per fortuna, non c'è alcuna coda nei due box a disposizione.
La fermata per il bus suburbano per il centro è a circa duecento metri dal campeggio e alla reception forniscono il tabulato degli orari; il biglietto famiglia per tutta la giornata (All Day) costa £ 10.80, si acquista direttamente sull'autobus, ma bisogna munirsi della somma esatta perché non si ha la possibilità di ricevere il resto.
L'autobus, che impiegherà circa 40' per il centro di Edimburgo, è inizialmente semivuoto, ma pian piano si riempirà di pendolari. Scendiamo alla fermata sul North Bridge che collega la Old Town con la New Town. Siamo al centro; sulla Princes Street facciamo una veloce visita all'ufficio turistico per poi immergerci nell'atmosfera del viale più elegante e alla moda della città, al quale conferiscono un'indelebile impronta la fascinosa torre dell'orologio del Balmoral Hotel e il gotico-vittoriano Scott Monument, che con i suoi 60 metri fu eretto alla memoria del poeta e scrittore Sir Walter Scott, nonché il sottofondo musicale di una cornamusa con tanto di suonatore in kilt. La Princes Street consente uno straordinario colpo d'occhio da una parte sugli edifici della New Town, in caratteristico stile architettonico georgiano, e dall'altra sulla medioevale Old Town con i suoi palazzi costruiti in pietra scura basaltica di origine vulcanica. Ci avviamo verso il castello e, lungo il percorso in salita, ci imbattiamo nell'edificio a due torri che è sede della General Assembly Hall of the Church of Scotland, importante organo direttivo della chiesa di Scozia ad impronta presbiteriana. Resistiamo alla tentazione di entrare nella Camera Obscura (adulti £ 9.25, bambini £ 6.25), che tuttavia sarebbe stata sicuramente molto divertente con la sequenza di illusioni ottiche che sembrava promettere, per fare poi la coda alla biglietteria del arcifamoso Castello di Edimburgo (biglietto famiglia £ 43). Dalla rupe su cui sorgono i bastioni e i vari edifici, ciascuno con diversa destinazione ed importanza storica, come ben illustrato nel pieghevole in italiano, si può ammirare -tanto per illudersi di essere un po' ripagati del costo esagerato dell'ingresso- lo splendido panorama di tutta la città, su cui risalta la Calton Hill e sullo sfondo il mare di Scozia. Una foto al viso ammiccante di Andrea a lato di Mons Meg, il poderoso e gigantesco cannone con un altrettanto pesante fardello di vicissitudini storiche, e siamo già fuori dal castello, nel cui piazzale si stanno svolgendo i preparativi per il Military Tattoo, famosa sfilata militare, che dicono essere spettacolare e che stasera incanterà migliaia di curiosi o quanti cedano alla fascinazione dell'arte della guerra.
Ci incamminiamo lungo la Royal Mile, all'inizio della quale svetta verso il cielo l'edificio del caffè ristorante The Hub; la pioggia non scoraggia le centinaia di artisti di strada, attori, mimi, saltimbanchi, che affollano i marciapiedi della più famosa via storica di Edimburgo. La pioggia si fa sempre più insistente, intensa e fastidiosa e così ne approfittiamo per rifocillarci entrando in una pizzeria che promette specialità che di italiano hanno solo il nome, ma a prezzo doppio.
Continua a piovere e fa freddo: non ci resta che riprendere l'autobus alla fermata del North Bridge che ci porterà direttamente al campeggio.
Il nostro Superbrig ci accoglie e ci sentiamo già più al caldo, mentre pensiamo alla tappa di domani.

Decimo giorno, martedì 10-8-2010

Alle h 8.45 partenza dal campeggio Lothian Bridge. Piove. Ci sono 70 Km per raggiungere, ad ovest di Edimburgo, la Falkirk Wheel. Alle h 10.00 arriviamo al parcheggio per gli autobus (N56.00242°, W3.84326°) che è gratuito, mentre quello per le auto è inaccessibile a causa delle sbarre. La ruota di Falkirk -dal nome della vicina città- è un mirabolante marchingegno che solleva i battelli facendo loro superare i 24 metri di dislivello fra il canale Forth and Clyde e lo Union Canal. Una pioggia incalzante non risparmia l'obiettivo della mia videocamera, mentre indugio a lungo nel filmare il lento e spettacolare movimento della ruota, che trasforma, per alcuni minuti, l'imbarcazione ghermita al suo interno in un mezzo di trasporto aereo.
Mentre, alle h 11.10, siamo sul punto di partire, Ernesto e Franca stanno in quel momento parcheggiando il loro Elnagh per poi visitare a loro volta la ruota di Falkirk. Ci aspettano 104 Km per raggiungere, a nord di Dundee, il Castello di Glamis. Passiamo sul ponte che congiunge le sponde più vicine del Firth of Forth; stava sicuramente pensando al fiordo sul fiume Forth un certo Peter Gabriel quando, giocando con queste parole, compose nel 1977 il brano “Firth of Fifth”. Sono le h 11.20, sta piovendo molto forte; percorriamo prima la A977, poi la M90 ed infine la A94.
Alle h 13.10 siamo al cancello del Castello di Glamis (N56.60867°, W03.00632°) per pagare £25 (biglietto famiglia per castello e giardini). Il castello, molto bello e molto ben conservato, con le sue molteplici torrette cilindriche terminanti in altrettanti tetti conici, mi riporta indietro con la memoria alla Camelot di un cartone animato di Re Artù di tanti anni fa; ma a parte le solitarie reminiscenze nostalgiche di un ultraquarantenne, Glamis è famoso per essere stata la residenza d'infanzia di Elisabetta, la regina madre e per tutta una serie di storie di mostri e fantasmi che le guide, con fare serafico, sono solite raccontare alla sparuta schiera di visitatori che, a gruppi di dieci, vengono introdotti nelle lussuose stanze dai sontuosi arredamenti. In una piccola e bella cappella di famiglia la guida ci indica una sedia in cui assolutamente non sedersi in quanto riservata al fantasma della Signora Grigia.
Fuori dal castello un blando sole sembra tenere momentaneamente a bada la pioggia e così io e Andrea visitiamo rapidamente i curatissimi giardini; poi sul camper per il pranzo e partenza alle h 16.20. Siamo diretti, per trascorrere la notte, a Stonehaven, dalla quale ci separano circa 75 Km. La A92 è una strada quasi costiera e il mare fa a tratti la sua livida e calma comparsa. Sofia dorme e così, quando parcheggiamo nei pressi di Dunottar Castle, scendiamo solamente io e Andrea. La stradina che conduce al castello reca un divieto per i veicoli di stazza superiore alle due tonnellate, ma non bisogna scoraggiarsi, perché è sufficiente parcheggiare circa cento metri dopo, proprio davanti al viottolo d'ingresso all'attrazione (N56.94462° W2.20693°), mentre il divieto riguarda il tratto di strada posto ancora più avanti.
Le rovine del castello di Dunottar sorgono su una rupe a picco sul mare e la loro bellezza ha il fascino di alcune immagini della Bretagna che ci portiamo dentro.
Stanno chiudendo la biglietteria (£ 5 adulti, £ 1 bambini), ma è possibile godere comunque, senza pagare, della passeggiata che porta alle mura e che consente di vedere bene la struttura degli edifici fortificati. Tira un vento gelido che sibila insieme al verso stridulo dei molti gabbiani che volteggiano sulle nostre teste; imbacuccati come nelle più fredde giornate piemontesi, scattiamo in apnea alcune foto e facciamo alcune riprese, per poi dirigerci al caldo verso il nostro Superbrig.
Sono solamente altri 3 Km per Stonehaven. Un cartello che indica la non praticabilità ai veicoli lunghi della High Street, che dovrebbe condurci verso il porto turistico della cittadina, mi consiglia di fermare Superbrig sopra il marciapiedi della Bridgefield e di fare una perlustrazione a piedi: il parcheggio del porto, in effetti, è piccolo e gli spazi sono stretti, ma alla fine decido di provare comunque ad entrare e alla fine la nostra audacia viene premiata: riesco a sistemare il mezzo in maniera tale che non sia di intralcio alle altre auto e che possa manovrare agevolmente qualora voglia uscire (Parcheggio porto turistico Stonehaven, N56.96117°, W02.20197°, dotato anche di servizi e probabilmente videosorvegliato). Sono le 18.45 e il pomeriggio volge al tramonto, su uno splendido sfondo in cui la bassa marea ha scoperto larghe aree di spiaggia e frotte di gabbiani e di altri uccelli fanno incetta di ciò che il mare ritirandosi ha lasciato. Più tardi arriverà Ernesto a parcheggiare i sette metri del suo Elnagh.
Una passeggiata lungo la spiaggia e poi al centro, mentre nuvoloni neri si addensano carichi di minacce, sospinti da un vento gelido.
Prima di andare a letto, quattro chiacchiere con l'amico Ernesto, davanti ai nostri camper parcheggiati vicini.
Oggi percorsi 257 Km.

Undicesimo giorno, mercoledì 11-8-2010

Sono le h 9.00 quando partiamo da Stonehaven, diretti verso Elgin. Sta piovendo molto forte. Percorriamo la A956 in direzione di Aberdeen. A causa di uno svarione di Nostradamus assaggiamo per la prima volta una single track (strade molto diffuse nel nord della Scozia ad una sola corsia ma con frequenti piazzole di scambio), ma poi ci rimettiamo sulla retta via. Pieno di gasolio a 1.47 euro. Imbocchiamo poi la A96 e alle h 11.30, nell'abitato di Keith, parcheggiamo, davanti alla distilleria Strathisla, dove producono una nota marca di Whisky (Strathisla Distillery; Seafield Avenue, Keith; N57.54682°, W02.95354°). Continua a piovere; il camper di Ernesto è già parcheggiato, mentre notiamo, davanti al nostro, un Rimor targato Torino. Entriamo nella distilleria; alla reception ci chiedono l'età dei bambini e così apprendiamo che Sofia, che non ha ancora sette anni, non può entrare; “Sorry” ripetuto esponenzialmente, ma queste sono le regole e così -non proprio a malincuore- rinunciamo alla visita, in cui ci sarebbero stati illustrati i procedimenti produttivi del superalcolico. Ci aggiriamo per il negozio attiguo ove, tra visitatori dall'occhio lucido, aleggia il tipico aroma del liquore, le cui bottiglie, in vari formati e confezioni, fanno bella mostra di sé in caratteristiche vetrine (una bottiglia di 50 cc costa circa £ 30).
Ripartiamo da Keith alle h 12.00 e, percorrendo la A96 sotto una pioggia imperterrita, siamo alle h 12.30 nella cittadina di Elgin, presso il parcheggio della Johnstons Cashmere (Newmill Road, Elgin; N57.65183°, W03.29952°), nota fabbrica di filati di lana. Oggi non siamo fortunati: chiediamo se possiamo visitare la fabbrica, ma ci dicono di ritornare domani; ci consoliamo facendo un giro nell'ampio negozio, ove i prezzi di maglioni e di altri prodotti ci sembrano esorbitanti; acquistiamo invece dei biscotti e dei vasetti di marmellata che destano la nostra curiosità ma il cui gusto-come già del resto immaginavamo- ci sembrerà il pallido e sbiadito fantasma di quei sapori a cui la nostra Sicilia ha affinato i nostri palati.
Ci spostiamo dal parcheggio della Johnstons Cashmere per fermarci, subito dopo, a lato di una via periferica (Kingsmills) della cittadina, ove ne approfittiamo per preparare il pranzo. Mentre Liliana sta sparecchiando, faccio un salto a piedi nella vicina area che ospita i resti della sontuosa cattedrale del XIII secolo, che sorge su un ampio prato verde, punteggiato da innumerevoli lapidi e tombe.
Sono le 15.10 quando stiamo per partire da Elgin. Fino ad adesso abbiamo percorso 133 Km. Ancora 50 Km lungo la A96 fino a Fort George, che sorge sul Moray Firth di fronte allo Chanonry Point. Alle h 16.45 arriviamo sul parcheggio antistante Fort George (N57.58318°, W4.06450°). Il forte è considerato uno dei maggiori esempi di architettura militare in Europa, ma ammesso che le opere militari possano incontrare il nostro plauso, sta chiudendo battenti per oggi, per cui saziamo i nostri occhi con il panorama selvaggio da ultime terre che si articola intorno a noi.
Ripartiamo e, alle 17.30, lungo la A96 incontriamo, prima della città di Inverness, la località denominata Culloden, ove nel 1746 si combatté una sanguinosa battaglia costata la vita a migliaia e migliaia di persone tra gli eserciti sostenitori e oppositori della rivolta giacobita in Scozia. Alle 17.39 passiamo sul Kessock Bridge, ponte che ci dischiude uno splendido panorama sul Moray Firth e sul Beauly Firth. Prima del ponte sul Cromarty Firth vi è una lunga coda che termina alle 17.56. E' la volta del ponte che ci fa passare attraverso il Dornoch Firth, da cui ammiriamo, ai nostri lati, uno splendido paesaggio da bassa marea. La A9 è una strada panoramica che spesso lambisce il calmo Mare del Nord, che ha mosso diversi passi indietro dalla costa, scoprendo vasti lembi di spiaggia coperti da alghe.
Da diverse ore non piove più e ampi squarci di sereno si aprono davanti a noi.
Alla nostra destra passa il Castello di Dunrobin, che, nei nostri programmi, avrebbe dovuto essere oggetto di una nostra visita, ma che, come tante altre possibili mete, abbiamo sacrificato alla necessità di procedere nel viaggio e alla tirannia del tempo.
Alle h 19.15 arriviamo presso il campeggio Dalchalm della Caravan Club, presso il paese di Brora (N58.02865°, W03.84437°), che ci costerà £ 22.70. Il campeggio, che è molto bello per le sue ampie e verdi piazzole, è dotato di un pozzetto di scarico in piano e di un gruppo servizi.
Poco dopo arriva anche Ernesto, seguito dal camper targato Torino, che avevamo visto davanti alla distilleria a Keith.
Più tardi, dopo una tonificante doccia, mi ritroverò sul camper di Ernesto a fare la conoscenza della famiglia di Torino -Vittorio, Alberta e Alessandro, quest'ultimo dell'età di Andrea,- e a discutere dei nostri itinerari che decidiamo di unificare in uno solo, che ci renda definitivamente compagni di viaggio.
Il camper è un modo di viaggiare meraviglioso, è un'avventura continua, una fonte imprevedibile di straordinarie sorprese che colpisce anche chi sia dotato della più fertile e immaginifica delle fantasie.
Oggi percorsi 303 chilometri.

Dodicesimo giorno, giovedì 12-8-2010

Questa volta a partire insieme, alle h 9.15, sono tre camper con la lettera I sulla targa.
Procediamo prima sulla A9, poi sulla A99. Immense pianure, di tutte le sfumature del verde, terminano su un mare blu, grigio, che fa da specchio ad un cielo azzurro, a tratti velato da assembramenti di nuvole o da una leggera foschia. Scogliere che si gettano a picco sul mare, rare abitazioni isolate, pecore e mucche sparse e libere, pali della corrente elettrica o per le telecomunicazioni che sembrano usciti da film d'altri tempi; solo le rade auto che incrociamo ci danno il senso dell'epoca a cui apparteniamo. Un antico ponte di pietra, prima delle poche case che costituiscono l'abitato di Ulbster, sembra nascere e morire subito dopo nella brughiera.
Alle h 1100 attraversiamo la bella cittadina di Wick; subito dopo il ponte sull'omonimo fiume, al di là di alcuni edifici, intravediamo alla nostra sinistra un ampio parcheggio sul quale sostano alcuni camper. La carreggiata dell'ultimo tratto della A99 diviene più stretta e, quando parcheggiamo sul piazzale antistante l'imbarcadero di John O'Groats, abbiamo percorso da stamane 100 Km. John O'Groats, che pare tragga il nome dall'olandese che nel 1500 si occupò del servizio di traghettazione verso le Isole Orcadi, è un paesino di poche centinaia di abitanti, che è unanimemente considerato il punto più a Nord del Regno Unito, anche se, a rigore, questo primato dovrebbe spettare alla vicina Dunnet Head. Scendiamo tutti dai nostri mezzi e facciamo una rapida visita ai negozietti di souvenir, assaporando la calma e la tranquillità di questo luogo così a Nord nel nostro viaggio. Il mare e il cielo fanno da cornice alla vicina isoletta di Stroma, che è anticamera delle Orcadi e su cui spicca il bianco faro. Andrea e Sofia non ci mettono molto tempo a fare amicizia e a giocare con il loro coetaneo Alessandro, mentre noi adulti rinunciamo ad imitare il drappello di turisti che, dopo essersi bardati con cerate e salvagenti, si stanno per imbarcare per una escursione sulle isole.
Risaliamo sui nostri camper e ritorniamo un po' indietro, dirigendoci verso le vicine Scogliere di Duncansby (Duncansby Head), che sembrano essere ancora più allettanti della turistica John O'Groats. Nessun problema nel parcheggio e via con una promettente e breve passeggiata che, complice il sole e la temperatura mite, ci porta alla scoperta di paesaggi superlativi -come i due immensi scogli dalla forma di denti rovesciati che emergono dalle acque e si slanciano verso l'alto-, in un contesto naturalistico in cui risaltano varie specie di uccelli marini, abbarbicati sulle perpendicolari pareti delle scogliere, e cespugli di cardo, che, quale simbolo della Scozia, popola gli stemmi e gli stendardi di questa nazione.
Si parte, sono le 13.30 e copriremo i 34 Km che ci separano da Thurso, percorrendo la A836, che è stretta ma mantiene le due carreggiate di marcia. Alle h 14.05 passiamo dalla Baia di Dunnet, ove ha sede un campeggio della catena della Caravan Club. Il sole a tratti perde i contatti con noi per la comparsa di una nebbia, che fa sembrare ancora più surreale il paesaggio e ci regala l'illusione di navigare tra le nuvole. A Thurso sostiamo presso il parcheggio del supermercato Tesco per una pausa pranzereccia; c'è anche il tempo per una perlustrazione tra le corsie di un supermercato in cui i prezzi dei prodotti non sono certo più elevati che in Italia, e per qualche piccolo acquisto.
Alle h 1600 ripartenza da Thurso; Andrea e Sofia passano sul camper di Vittorio per stare insieme al loro nuovo amichetto Alessandro. La destinazione odierna è Durness, sulla costa Nord-Ovest della Scozia, che dista 120 Km. La A836 inizialmente è a due corsie. Le nubi basse spesso si fanno nebbia, il sole è un pallido astro che illumina di luce cangiante l'indescrivibile panorama sulle Highlands: vaste pianure ondulate dalle molteplici sfumature del marrone e del verde, alla cui tavolozza si aggiunge il giallo di alcuni arbusti e il blu del mare, ora vicino ora lontano. Alle 17.10 alcuni tratti della A836 diventano single track. Poche case, una scuola, un piccolo ufficio postale, due antiche colonnine per la distribuzione della benzina e del gasolio meritano il nome di Bettyhill. Costeggiamo la bellissima insenatura sulla Torrisdale Bay che poi attraversiamo, da sponda a sponda, su un ponte strettissimo dai parapetti metallici. La strada, in single track, si rivolge verso l'interno delle Highlands e il paesaggio si fa più brullo, deserto, ancora più bassa la nebbia, che ci consente di intravedere a mala pena i molteplici laghetti che incontriamo sul nostro percorso. Nei pressi di Coldbackie fa la sua ricomparsa il blu della Tongue Bay, ove su spiaggette stupende il mare si è ritirato per effetto della bassa marea; in lontananza bassi rilievi brulli confermano la nostra consapevolezza di essere atterrati sul pianeta Scozia. Alle h 17.39 siamo all'altezza di Tongue e, subito dopo, un lungo rettilineo, che sembra galleggiare sulle acque, ci fa solcare il fiordo di Kyle of Tongue. Sta piovigginando, fuori fa freddo; sono davvero poche le case che incontriamo, per lo più sparse, qualcuna diroccata. Le pecore sono solamente quanto di vivente ci sia negli scenari che si aprono davanti a noi, ma sembrano avere un'indipendenza propria e non appartenere alla civiltà. Ormai la strada è quasi esclusivamente una lenta e stretta single track; le poche auto che incontriamo si fermano rispettose nelle passing place per lasciare transitare i tre camper. Il rosso accesso di una cabina telefonica lungo la strada rappresenta l'unico elemento di modernità in un paesaggio deserto, deprivato di elementi riconducibili alla nostra epoca. L'ultimo tratto della A838 corre lungo la sponda est e la sponda ovest della profonda insenatura del Loch Eriboll, regalandoci ancora, attraverso il parabrezza e i movimenti ritmati dei tergicristalli, dei panorami indescrivibili.
Ormai siamo quasi arrivati a Durness, nostra meta odierna, quando, alle h 20.30, sostiamo nel parcheggio per i visitatori della Smoo Cave. Continua a piovere. Da qualche parte il sole sta tramontando, ma la luce è ancora sufficiente perché alcuni di noi si avviino lungo il breve percorso a piedi in discesa, che conduce all'insenatura marina e alla prima caverna scavata dall'azione del mare. E' ormai tardi per le visite guidate alle grotte o per un tour organizzato in canotto. Dalla prima caverna una passerella in legno porta alla bocca di ingresso alla seconda caverna, che invece è scavata dall'azione dell'acqua piovana. Una cascata nascosta ai nostri occhi fa vaporizzare miriadi di goccioline d'acqua che saturano l'aria all'interno dell'antro, inzuppando gli occhiali e gli obiettivi fotografici, ed impedendoci di proseguire verso il fiume sotterraneo.
Ripartiamo; in breve siamo a Durness. Tutti i parcheggi si fregiano del cartello “No Overnight” e così ripariamo nel campeggio “Sango Sands” (N58.56904°, W04.74324°). La reception è chiusa. Il campeggio, che domani ci costerà £ 20.25, si sviluppa in un promontorio, coperto da manto erboso, che si affaccia sul mare di una splendida baia; è dotato di camper service e di blocco servizi.
Ormai è quasi buio; i piedi sprofondano sul prato fradicio; cerchiamo di godere delle ultime immagini del paesaggio, ma la persistente pioggia e le goccioline di acqua marina, che la brezza porta verso di noi, riducono al minimo la visibilità, laddove il mare sembra un tutt'uno con il cielo. C'è anche molto freddo e forse il camper è il luogo più idoneo per trascorrere quello che ci resta di questa giornata indimenticabile sulle Highlands della costa nord della Scozia.
Oggi percorsi 252 Km.

Tredicesimo giorno, venerdì 13-8-2010

Ore 10.00, si parte dopo aver concordato le mete odierne. Sta piovigginando e la visibilità limitata smorza i panorami. Dopo aver costeggiato la piatta superficie di mare della stretta insenatura del Kyle of Durness, la A838 si srotola davanti a noi in single track e ci fa inoltrare verso l'interno in un altipiano lunare, brullo, in cui la totale assenza di alberi, distese su distese, dà maggiore risalto alla presenza di fiumiciattoli, bacini d'acqua, solitari laghetti, che assumono la grigia tonalità delle nubi che gravitano basse e mobili su di noi. Sono le h 10.40: pochissime case, una stazione di polizia e pochi attimi per imprimere nella mia fallace memoria e, soprattutto, nella più solida memoria del mio piccolo e fedele registratore vocale a cassetta, il nome Rhicolnich. Alla nostra destra le acque del Loch Inchard. I loch che incontreremo oggi, a dispetto dell'originario significato in lingua gaelica scozzese, non sono talvolta dei veri e propri laghi, ma delle profonde introflessioni della costa, in cui si insinua placido e piatto il mare, e che fanno venire in mente i fiordi norvegesi. E' difficile e arduo il compito di chi voglia provare a descrivere le impressioni, le emozioni, le immagini, i colori di questi orizzonti senza fine, che non appartengono al mondo delle parole, ma all'universo di quelle sensazioni che solo i sogni possono lasciare come traccia del loro passaggio in noi. Dopo Rhicolnich la A838 diviene a doppia corsia. Alla nostra destra e alla nostra sinistra le acque del Loch Na Thull; più avanti il Loch Laxford e lo stretto ponticello di pietra nei pressi di Laxford Bridge; poi un ponte dall'aspetto avveniristico, considerato tra i più suggesstivi al mondo -il Kylesku Bridge-, ci fa volare su una stretta insenatura tra il Loch A Chairn Bhain e il Loch Glendhu. Prima del ponte Kylesku un cartello con la scritta in gaelico “Caolas Cumhann” (stretto collo di bottiglia).
Imbocchiamo la A837 quando il Loch Assynt, con i suoi piccoli isolotti -alcuni brulli, altri fitti di strani alberi dalle alte fronde ad ombrello- resta alla nostra sinistra.
Il paesaggio si sta sempre più popolando del verde degli alberi, quando noi svoltiamo per Achmelvich. Un cartello con la scritta “strada non praticabile per caravan ed autobus” mi consiglia di parcheggiare e chiedere all'autista di un gigantesco camion lì fermo se non siamo un po' suonati nel pensare di avventarci per quella strada che si prospetta stretta e irta di difficoltà. L'uomo, con il suo accento gutturale, mi dice di non preoccuparmi, anche perché sta per partire con il suo ciclopico mezzo e ci seguirà. La strada diventa presto strettissima, i tre camper procedono con lentezza; sono tante le auto che incontriamo e che, con molta cortesia e civiltà, ci cedono il passo, usufruendo delle frequenti passing place, e che noi salutiamo e ringraziamo con un gesto cordiale. Sono le h 12.43 quando approdiamo al parcheggio della spiaggia di Achmelvich (N58.16955°, W5.30208°): è stato difficile ma ne valeva la pena. La spiaggia è famosa per le sue dune di sabbia e per le sue acque cristalline, a tal punto da attrarre un numero considerevole di turisti e di locali appassionati di sport acquatici. Un tiepido sole fa scintillare le freddissime acque del mare e Vittorio, provetto sub, non ha difficoltà a spiegarmi perché le persone che vediamo immerse o immerse a metà indossino tutte una muta da subacqueo. Un capanno ospita un punto per le informazioni turistiche e, forse, se non fossimo stati tiranneggiati dai programmi e dai chilometri da percorrere, avremmo potuto apprezzare più a fondo le molteplici attrattive naturalistiche della zona. C'è tempo per un'allegra spaghettata sui camper e poi subito in marcia, si ritorna indietro per la strada angusta da tachicardia ed extrasistolia, fino a riprendere la A837 che inizialmente è a doppia corsia di marcia. Siamo diretti ad Achiltibuie; in particolare vorremmo visitare una Smoke House in cui si produce una qualità particolare di salmone affumicato. Passiamo da Lochinver, località movimentata da turisti e dai molteplici camper parcheggiati.
I 36 Km che ci separano dalla nostra meta, tutti rigorosamente lungo una stretta e lenta single track , si snodano lungo scenari di straordinaria bellezza paesaggistica. Il tempo sembra fermarsi e scorrere più lento le infinite volte in cui ci arrestiamo per pochi attimi in una passing place o in cui affrontiamo un tornante, e saranno trascorse più di due ore quando ci fermeremo, nei pressi di Achiltibuie, a lato della tanta agognata Smoke House (N58.05448°, W5.41141°).Resto sul camper insieme ai bambini, intenti come sono a condurre una sfida a tre all'ultimo sangue, a colpi di Nintendo. L'entusiasmo di Liliana e di tutti gli altri al loro ritorno dalla fabbrica, con un cospicuo bottino di salmone affumicato di tutti i tipi e condito con vari generi di spezie, mi fa capire che è valsa la pena di tanto peregrinare. Si riparte. Alle 18.55 passiamo da Ullapool; fino ad adesso percorsi 165 Km. La A835, larga e a due corsie, ci consente medie discrete. Alla nostra destra il Loch Broom. Il sole, che sta tramontando su panorami abbaglianti, sembra promettere una sua rivalsa sulla pioggia delle ultime ore. La A890 diventa una single track; sono le h 20.34. Alle h 20.45 alla nostra destra il Loch Carron, mentre, alla nostra sinistra, pareti rocciose calano a picco sulla strada, che a tratti presenta acuminate strettoie e ci costringe a ridurre la nostra media di percorrenza. Alle h 21.20 arriviamo finalmente al parcheggio del Castello di Eilean Donan (N57.27415°, W5.51350°), ove il cartello recante in tutte le lingue -la prima l'italiano- il divieto a trascorrere la notte, non ha evidentemente scoraggiato tutti gli altri camper già parcheggiati, la maggior parte dei quali italiani. Il castello, con il suo fardello di storia scozzese, a guardia dell'accesso all'isola di Skye, è di una bellezza indicibile: gli archi dell'antico ponte che conduce all'isolotto, le mura e il torrione illuminati, tutto si specchia sul blu delle calme acque e risalta negli ultimi bagliori del giorno. Ha un sapore particolare la cena sul camper con quella straordinaria vista che ci colpisce attimo dopo attimo. Poi, tutti fuori a mescolarci con i turisti e a scattare con loro innumerevoli foto, da tutti i punti di vista immaginabili, quasi a voler gareggiare per la migliore istantanea. Inavvertitamente urto una turista: “Sorry, madam”. “Di nulla, si immagini”, mi risponde sorridendo la signora. Il simpaticissimo e vulcanico Vittorio si offre di scattare una foto ad una famiglia scozzese che ci dice di venire al Sestriere quasi tutti gli anni per la settimana bianca. E' tardi, ci aspetta il meritato riposo, ma, prima di andare a letto, scosto la tendina per dare un ultimo sguardo al castello illuminato.

Quattordicesimo giorno, sabato 14-8-2010

Sono le h 800 e siamo tutti pronti per partire con i nostri camper e lasciare il posto agli autobus che arriveranno presto. Il guardiano, con tono deciso ma gentile, mi dice che possiamo anche spostarci in fondo al piazzale. Nemmeno cento metri e così siamo di nuovo fermi per finire tutti la colazione. Anche i camper che hanno trascorso con noi la notte ripetono la stessa manovra. Alle h 8.36 partenza per l'isola di Skye. Prima del ponte sul Kyle of Loch Alsh, che dà accesso all'isola, facciamo il pieno di gasolio a £ 1.249 (euro 1.512!). L'isola si presenta brulla, ma non priva di fascino con il suo paesaggio a tratti ondulato e colorato di verde pastello, e con i suoi vasti specchi d'acqua, che mascherano la loro natura di fiordi con l'apparenza di essere dei laghi. La A87, veloce e a due corsie, ci fa vedere il Loch Sligachan. La A863 ci porta a lato del Loch Harport e poi intorno al Loch Caroy. La strada a tratti prende ad inerpicarsi in scenari che hanno la cristallina bellezza di quelli montani quando, come oggi, il sole è alto e forte. Dopo aver percorso 91 Km arriviamo al parcheggio del Castello di Dunvegan (N57.44698° ,W6.58514°); costo del biglietto famiglia £ 23. Il castello da secoli, come nel presente, è la residenza del clan MacLeod. Gli esterni sono meno interessanti degli interni, in cui si possono ammirare arredamenti d'epoca e un'infinità di quadri raffiguranti avi e bisavoli in kilt e con il caratteristico clan tartan; il filmato del castello si interrompe quando una gentile signorina fa notare a Liliana che deve tenere la videocamera spenta. Dal castello ci avviamo verso l'imbarcadero, ove paghiamo £ 16 per la gita in barca, che ci porterà a vedere le foche; indossiamo i giubbotti di salvataggio e via a fotografare e filmare gli animali che pigramente sonnecchiano appollaiati sulle scogliere, quasi fossero dei grassi gattoni pronti a fare le fusa.
Ripartiamo alla volta di Loch Bay, Waternisch IV 55, ove, dopo 11 Km di single track e di paesaggi stupendi, ci attende la fabbrica di pellami “Skyeskyns” (N57.51935°, W6.57151°). La titolare, dopo averci introdotto all'interno del laboratorio e illustrato i procedimenti per la concia delle pelli di pecora, ci conduce al piano superiore, ove vi è l'esposizione dei vari manufatti. Il fantastico cappellino di Sofia -del colore normanno dei suoi occhi-, acquistato a £ 25, sarà uno dei pochi souvenir materiali che porteremo con noi da questo viaggio, un po' contravvenendo alla nostra avversione per i capi d'abbigliamento che abbiano avuto vita da animali soppressi.
Alle h 14.22 siamo di nuovo in marcia e percorriamo i 35 km di A87 fino a Portree, che è la cittadina più grande dell'isola di Skye: l'ampio parcheggio al di sotto della Bridge Road è molto affollato, ma alla fine troviamo posto per i nostri tre camper. Una passeggiata per le vie turistiche della città, un salto al molo, un veloce pranzo a base di fish and chips, mentre il simpaticissimo e gioviale Vittorio intrattiene i bambini che si divertono un mondo, una fugace visita ad alcuni negozi del centro e poi la ripartenza alle h 17.50 diretti ad est verso il mitico Loch Ness. La A87 ci regala, ancora una volta, panorami superlativi, in cui il bianco delle case e casette, caratteristico dell'isola di Skye, abbacina contro il blu del cielo e dei bacini d'acqua. Passiamo nuovamente dal Castello di Eilean Donan; dalla A87, sempre discretamente veloce, percorriamo poi la A887 e, all'altezza di Invermoriston, ci fermiamo per pochissimi minuti presso il parcheggio di un Hotel, suscitando le composte proteste della titolare, per salutare Vittorio che ha deciso di dirigersi al sud verso Glasgow; anche Andrea e Sofia salutano il loro amichetto Alessandro e si sistemano ai loro posti di combattimento sul nostro camper. La A82 costeggia la sponda ovest del Loch Ness, anche se è avara di panorami sul lago più famoso di Scozia. L'ampio piazzale antistante il Castello di Urqhart, da cui finalmente si intravede il lago, ci appare troppo deserto e troppo isolato per pensare di trascorrere la notte, pur essendo in compagnia del camper di Ernesto e Franca, e così percorriamo ancora pochi chilometri per fermarci, alle h 2100, presso il parcheggio dell'ufficio di informazioni turistiche di Drumnadrochit (N57.33530°, W4.48088°). Sul parcheggio, fornito anche di servizi, troneggia un cartello con la solita scritta “No Overnight”. Più tardi due autovetture della Polizia si fermeranno davanti al nostro camper e, malgrado i miei timori (“adesso ci arrestano”, dirò, tra il serio e il faceto, a Liliana), si allontaneranno dopo alcuni minuti, senza averci degnato di un solo sguardo,mentre continueranno ad arrivare altri camper ed alcuni ragazzi cucineranno con discrezione all'aperto, dopo aver piazzato in un punto defilato la loro tenda. Le ultime parole famose: no overnight, ovviamente.
Oggi percorsi 295 km.

Quindicesimo giorno, domenica 15-8-2010

La notte è trascorsa tranquilla insieme ai nostri sconosciuti coinquilini di diversa nazionalità, che hanno reinterpretato la scritta “No Overnight” come un invito a godere della tollerante ospitalità scozzese nel rispetto delle più elementari regole del vivere civile.
Il tempo è bellissimo e la temperatura è mite. C'è tempo per una visita ad alcuni empori di souvenir turistici, in cui il mostro di Loch Ness, il mitico Nessie, è il protagonista assoluto e viene venduto -in tutte le forme fisiche e chimiche possibili- nelle sembianze di allegro draghetto o di gioviale creatura preistorica, sulla cui storia e gesta, in un negozio, viene anche proiettato un cortometraggio.
Si parte alle h 10.20, ma ci fermiamo 3 km dopo, sul piazzale del castello di Urqhart, per scattare foto su foto alle rovine del maniero che si affacciano diroccate sul lago; stanno arrivando diversi autobus, molte auto e camper si affrettano a parcheggiare ed una moltitudine di persone si avvia verso l'ingresso al castello: ma noi siamo sazi di quello che da fuori si è già potuto vedere.
A sud di Invermoriston, attraverso soluzioni di continuità della fitta vegetazione lungo la A82, il Loch Ness appare e riappare splendente di blu, ma -guardiamo e riguardiamo ansiosi- di Nessie neppure l'ombra: forse è stata solamente un'onesta turlupinatura turistica. Alle h 11.10 passiamo da Fort Augustus, che ci appare come un paesino impregnato di turismo; poi è la volta di ampi panorami sul Loch Lochy. Alle h 12.20 transitiamo da Fort William, cittadina nota come base per le escursioni sul Ben Nevis, che, con i suoi 1300 metri, è la vetta più alta del Regno Unito, scenario peraltro dei film Braveheart e Highlander. Lasciamo momentaneamente la A82 per la più stretta A828, che ci regala viste superbe sul Loch Linnhe e i suoi porticcioli. Nei pressi di Portnacroish, subito dopo Shuna Island, sorge, su un isolotto, un castello medioevale in miniatura (Castle Stalker), che sembra provenire direttamente dalle illustrazioni di un libro di fiabe. Un semaforo ci fa passare dallo stretto ponte (Connel Bridge) sul canale d'acqua che conduce al Loch Etive, mentre le indicazioni per le vicinissime cascate di Lora (Falls of Lora) sono più di una promessa per chi ama i brividi e l'adrenalina in sella ad una canoa. La A828 si tramuta in A85 e, guidati dalla logica cervellotica del nostro Nostradamus, passiamo dal centro di Oban per poi tornare sui nostri passi e ripercorrere la A85 nella direzione di Lochawe. Una breve deviazione sulla A819 e siamo fermi su una piazzola di sosta da cui, a un tiro di zoom, su uno dei tanti indescrivibili scenari di questa stupenda nazione, è possibile ancora una volta portare con sé le immagini delle rovine del Castello di Kilchurn. Mentre sui due camper fervono i preparativi per il pranzo, telefono ad un campeggio nei pressi di Glasgow, ma oggi è il 15 agosto ed è tutto occupato.
Si riparte. La A82, lungo la sponda del Loch Lomond, è tristemente famosa per il numero elevato di incidenti stradali, specie nel tratto fino a Tarbet: infatti la carreggiata è troppo stretta malgrado le corsie di marcia siano due, e, al di là delle molteplici curve, la visibilità non è ottimale, specie se si consideri che è percorsa da tutto il traffico pesante del nord-ovest della Scozia; ma oggi, in questo giorno di festa particolare, siamo baciati dalla fortuna e, in assenza di camionisti e di autisti di tir che rivaleggiano con Alonso e Vettel nel tenere schiacciato il pedale dell'acceleratore, possiamo prendercela comoda, insieme a tutti gli altri camper e roulotte, godendo dei panorami sul lago, solcato da colorate imbarcazioni da diporto. Alle h 17.50 una coda inestinguibile ci fa procedere a passo d'uomo. Sono le 18.47 quando arriviamo al campeggio presso la località balneare di Balloch, a 40 km a nord da Glasgow. La reception è chiusa; andiamo a snidare il titolare nel suo bungalow: uno sguardo soddisfatto d'intesa con Ernesto nell'apprendere che c'è posto per i nostri due camper, che poi si disporranno vicini, nelle ampie piazzole erbose. Il nome del campeggio è “Lomond Woods” (N56.00135°, W4.59281°). Pago subito sull'unghia £26, più £ 5 di cauzione per le chiavi dei servizi. Il campeggio è molto bello, ordinato, immerso nel verde; i bagni e le docce sono puliti e funzionali. Il caldo sole ci dice che la giornata non è ancora finita: Andrea e Sofia fanno valere il loro ruolo di bambini nel ben fornito parco giochi; Ernesto e Franca fanno una capatina nel vicino supermercato. La meritata doccia è il giusto epilogo di questa giornata.
Oggi percorsi 255 km.


Sedicesimo giorno, lunedì 16-8-2010

Sono le 9.20 quando ripartiamo dal campeggio. Oggi il cielo è coperto. Arriviamo al centro di Glasgow e, alle h 10.43, parcheggiamo i nostri camper davanti al n.272 di Bath Street (N55.86495°, W4.26586°), che è una continuazione della Cathedral Street. E' arduo trovare dei veri e propri parcheggi a Glasgow, per cui ci accontentiamo di questa sistemazione che ci costa £ 2 all'ora e che non deve protrarsi per più di due ore; saremo così costretti, per ben due volte, a far ritorno sui camper per aggiornare il ticket.
E' anche possibile che in questa città non amino i turisti itineranti.
Prendiamo un bus urbano per scendere alcune fermate dopo e percorrere la pedonale e centralissima Sauchiehall Street, piena di gente, di negozi, di locali. L'appuntamento è, sulla George Square, con Vittorio, Alberta e il piccolo Alessandro, che hanno pernottato su una via centrale della città, dopo aver regolarmente parcheggiato il loro mezzo. Passiamo a lato della Glasgow Royal Concert Hall; percorriamo poi, accompagnati da un sottofondo musicale gaelico-cornamusale, la Buchanan Street, anch'essa stipata di passanti e negozi, alcuni dei quali assai caratteristici come l'All Saints Spitalfields, che ci calamita non per i suoi capi d'abbigliamento ma per le centinaia di macchine da cucire d'epoca che affollano le sue vetrine e i suoi interni. Siamo adesso sulla George Square: ci guardiamo intorno ed è Vittorio il barbuto e sorridente signore che ci viene incontro con la sua famiglia, dispensando a tutti simpatia e cordiali battute. Siamo di nuovo tutti insieme.
Nella città del tanto decantato architetto, esponente dell'art nouveau, Charles Rennie MacKintosh, sono piuttosto gli edifici in stile vittoriano ad assieparsi sulle vie principali e sulle piazze di Glasgow. La piazza principale della città si caratterizza per la City Chambers, in stile rinascimentale italiano, e per l'alta colonna sulla quale troneggia il solito Sir Walter Scott. Più tardi, nelle nostre peregrinazioni pedestri di andata e ritorno sui camper, per rinnovare diligentemente i ticket per la sosta, avremo modo di passare, lungo la Sauchiehall Street, a lato di una delle creazioni dello stilista MacKintosh, la Willow Tea Room. Anche la buia e tenebrosa Cattedrale di Glasgow (St Mungo's Cathedral), che raggiungiamo percorrendo la West George Street, offrirà gratuitamente i suoi suggestivi due livelli alla nostra visita e ai nostri obiettivi fotografici.
Glasgow, a dispetto della relativa vicinanza geografica, ha ben altra parvenza rispetto ad Edimburgo: sembra realmente assai meno scozzese e, per quanto conservi un suo fascino di città moderna e dinamica, non riesce a nascondere la sua veste caotica e disordinata, non appena ci si affacci in una via che di poco si discosti dal centro.
Dopo un ulteriore giro per la Buchanam Street, mentre Ernesto e Franca non resistono alle tentazioni di negozi e centri commerciali, noi, in compagnia di Vittorio e famiglia, saziamo i nostri appettiti -e soprattutto quella dei nostri rispettivi e famelici bambini- presso un ristorante elegante ed economico, dagli altisonanti fregi italiani, al di là dell'arco della Exchange Place.
Sono le h 1600 quando il nostro Superbrig e l'Elnagh di Ernesto ripartono da Bath Street. Siamo diretti a sud, nella zona di Carlisle, che già si trova in Inghilterra, prevedendo di percorrere circa 170 Km. Lungo la M74 ci sorpassa Vittorio, che ha in mente un altro itinerario, che lo riporterà a York e poi in Francia; ancora un saluto e un colpo di clacson per un arrivederci al Salone del Camper di settembre a Parma, dove ci saremmo recati con i nostri fedeli mezzi ricreazionali, partendo insieme da Torino.
L'autostrada è caotica, satura di mezzi pesanti, che rendono la guida attenta e carica di tensione a causa delle elevate velocità che mantengono.
I campeggi della Caravan Club non smentiscono mai la loro vocazione ad un isolamento quasi monastico e così dobbiamo inoltrarci attraverso le zone rurali intorno Carlisle per raggiungere, alle h 18.30, a nord di Armathwaite, il campeggio denominato Englethwaite Hall (N54.84483°, W2.80131°), che è sprovvisto di blocco servizi – mentre invece lo è del solito camper service di tipo nautico-, e che ci costa £18.30.
C'è ancora tempo per la cena e per prenotare, mediante il mio computer portatile, il traghetto per il ritorno da Dover a Calais al prezzo di £55. Più tardi ci verranno a trovare sul nostro camper Franca ed Ernesto, che constateranno come il biglietto AR in loro possesso fosse stato da loro acquistato ad un presso ben più elevato presso la biglietteria della Seafrance di Dover.
Oggi percorsi 200 Km.

Diciassettesimo giorno, martedì 17-8-2010

Partiamo alle 10.10 alla volta di Chester. Saltiamo la visita al muretto, che dista da qui pochi chilometri, e che assume l'altisonante nome di Adrian Wall (il vallo d'Adriano), e, mentre pioviggina, percorriamo, lungo la M6, 234 Km carichi di tensione a causa dei soliti tir che spingono spregiudicatamente da dietro a velocità folli e che ci costringono a “fuggire”, sorpassando a nostra volta sul filo dei 120 orari. Il traffico è intenso ma velocissimo soprattutto nei pressi di Manchester e di Liverpool.
Alle h 12.50 siamo finalmente a Chester; sistemiamo i nostri mezzi presso il parcheggio denominato “Little Roodee” (N53.18425°,W2.89458°). Le tariffe sono così articolate: fino a 3 h £3; tra le 3h e le 6h £4.90; oltre le 6h £5.90; dopo le h 1700 £1.50; si può pernottare ma la sbarra viene aperta alle h 900 del mattino.
Ernesto e Franca escono alla scoperta della cittadina prima di noi, che preferiamo preparare il pranzo sulla nostra casa ambulante. La telefonata di Ernesto che ci informa entusiasta delle attrattive di Chester, che definisce tra le più belle città sinora da lui visitate in questo viaggio, è eloquente e ci fa rompere ogni indugio sul metterci anche noi in cammino. Il parcheggio è abbastanza vicino al centro. Ernesto, che incontreremo presto lungo le affollate e caratteristiche vie, aveva proprio ragione: Chester è davvero fantastica. Colpiscono la nostra attenzione le Rows, le case a graticcio che ospitano al primo e al secondo piano negozi e negozietti di tutti i tipi. Presso una libreria, ad un presso irrisorio, ho l'opportunità di collegarmi ad Internet per stampare il biglietto del traghetto da Dover a Calais. Ma c'è un altro singolare aspetto che desta l'allegria e la curiosità dei bambini: in tutte le vie del centro, in ogni angolo, in ogni piazzetta, per ogni dove, non mancano statue di rinoceronti, alcune di grandezza naturale, dipinti nei modi più sgargianti possibili, secondo uno stile pop che sa d'arte d'altri tempi.
Una visita gratis alla splendida cattedrale gotico-normanna che ci colpisce per gli interni in cui dominano i motivi a guglia, per il sontuoso coro, per il magnifico chiostro, e per un'ala interna adibita interamente a ristorante e self-service.
Siamo di nuovo sulle affollate strade del centro cittadino. Saliamo sul ponticello in cui si erge il famoso orologio di Eastgate, ritenuto il più fotografato nel Regno Unito dopo il Big Ben; ci avviamo lungo uno dei camminamenti da cui ammiriamo il fiume Dee e ci dirigiamo lentamente verso il parcheggio. Vorremmo ancora respirare di quest'aria e di quest'atmosfera che sa di calma, di provincia, di slow life, ma questa sera abbiamo in programma di pernottare ad Oxford e così alle h 17.15 ripartiamo. Ci aspettano circa 270 km.
Non so dire se è per colpa di Nostradamus, o per il Garmin di Ernesto, o per la complice alleanza di entrambi, che vaghiamo per diversi minuti nei dintorni di Chester, ripassando più volte per gli stessi incroci, mentre il tempo non fa sconti sul suo scorrere inesorabile.
Alla fine ce la facciamo ad imboccare la trafficatissima M6, facendoci strada tra un selva infernale di mezzi pesanti. Alle h 19.05 prende la guida Liliana, che riesce ad essere più costante di me nelle medie di percorrenza, avendo meno esitazioni nei sorpassi. Alle h 19.45, ipnotizzati dalle voce fatidica del nostro navigatore, imbocchiamo la M5, che è gratuita e compie un semicerchio ad ovest di Birmingham, mentre Ernesto continua a percorrere la M6, che si sviluppa ad est della città e prevede il pagamento di un pedaggio. Alle 20.15 siamo sulla M42 diretti verso la M40, sulla quale, presso una stazione di servizio, ci ricongiungeremo con Ernesto. Abbiamo ancora 95 km e la strada che ci condurrà -ci auguriamo presto- ad Oxford è difficile anche perché ha preso a piovere con una certa intensità e la visibilità non è ottimale.
Sono le 21.50 quando ci aggiriamo per diversi ed interminabili minuti per le strade di Oxford, alla ricerca di un agognato parcheggio. Passiamo anche per una zona a traffico vietato, videosorvegliata, suscitando la perplessa attenzione di alcuni passanti che ci guardano attoniti; mentre scrivo queste note, considerando che, dopo circa cinque mesi, non ci sia ancora pervenuta alcuna multa, mi vien fatto di considerare quanto in fondo sia stata tollerante con noi la polizia del Regno Unito, per tutte le volte in cui avrebbe potuto invece sanzionare alcuni nostri comportamenti difformi da quanto prescritto in loco.
Alla fine approdiamo presso il Park & Ride Red Bridge (N51.73213°, W1.25091°); il parcheggio ha a disposizione una piccola area adibita ai camper, la quale tuttavia è al momento chiusa da una sbarra; diversi camper sono parcheggiati intorno in attesa domani di potervi accedere, ma per noi non c'è alcuna possibilità di sistemazione. Un passante ci consiglia di riparare presso il campeggio che ha sede proprio di fronte al parcheggio e così facciamo. Il campeggio (Oxford Camping and Caravanning Club Site) è vicinissimo (N51.73212°, W1.25088°) e per noi si tratta di attraversare la Abingdon Road per ritrovarci, alle h 22.30, davanti ad una sbarra chiusa, ma poi davanti ad una assonata ma disponibile titolare che ci fa sistemare alla buona in piazzole senza corrente elettrica, chiedendoci la modica somma di £30.40 e precisando più volte che domani avremmo dovuto lasciare alle h 1200 il campeggio, pena l'applicazione di una sanguisuga per un ulteriore salasso di pari entità.
Per oggi credo che si possa mettere un punto o, ricordandosi di essere ad Oxford, sussurrare la frase, mentre le palpebre si socchiudono pesanti, “today we've had enough”.
Oggi percorsi 540 km.

Diciottesimo giorno, mercoledì 18-8-2010

Sveglia presto, doccia. La titolare ci ricorda, qualora ieri notte non l'avessimo ancora capito, che dobbiamo lasciare il campeggio entro le h 1200.
Alle h 9.40 abbandoniamo il campeggio e ci spostiamo nuovamente sul Park & Ride Red Bridge che non dista più di 100 metri. La sbarra che dà adito all'area sosta per i camper è ancora chiusa e tutti gli altri camperisti stanno aspettando impazienti. Io ed Ernesto ci rechiamo a piedi, alcune decine di metri più avanti, presso una bassa costruzione, che sembra anche una sala d'attesa, e, attraverso un citofono, chiediamo cortesemente al guardiano di aprire la sbarra. In effetti, dopo pochi minuti, l'uomo, che diverrà bersaglio dell'inopportuna ironia di alcuni camperisti italiani, si materializzerà con il suo aspetto un po' trasandato, e ci consentirà di entrare e parcheggiare i nostri mezzi. L'area è gratuita; ovviamente è necessario pagare i biglietti per la navetta che ci porterà al centro.
Il centro di Oxford non è così distante e, dopo alcuni minuti, scendiamo alla fermata di Cornmarket Street. Sul frontale della Carfax Tower l'orologio segna le 10.30, mentre due colorati pupazzi hanno il pluridecennale compito di dare vita e sonorità a due campane che scandiscono il trascorrere delle ore. Non sono molti i passi che ci separano dal Christ Church College, la cui caratteristica Tom Tower è elemento distintivo del panorama cittadino; ci accodiamo alla moltitudine di turisti per entrare al prezzo famiglia di £3.50 (singolo adulto £1); ci accingiamo a salire la scalinata che conduce alla Great Hall, quando Andrea e Sofia mi sussurrano in un orecchio di guardare con fare indifferente verso la cima della gradinata, dove effettivamente la professoressa Minerva McGranitt sta dando il benvenuto agli studenti di Hogwarts del primo anno, tra cui intravediamo uno spaurito Harry Potter.
C'è una discreta fila per accedere alla Great Hall (la grande sala), splendida per la sua imponenza, per l'alto soffitto ad archi di legno sequenziali, per le lunghe tavolate di legno illuminate da molteplici abat-jour e per la teoria infinita di ritratti raffiguranti docenti e personaggi che hanno reso importante nella storia il Christ Church College; in uno dei dipinti è rappresentato Lewis Carrol (al secolo Charles Lutwidge Dodgson), studente e poi insegnante presso questa scuola, autore di “Alice nel Paese delle Meraviglie”. Mentre muoviamo i nostri passi per uscire dalla Great Hall, lasciamo passare una moltitudine di ragazzini in grembiulino nero -tra cui riconosciamo Harry Potter, Hermione e Ron-, che si precipitano verso il bancone, in cui siedono il Professor Silente, Il Professor Piton e la Professoressa McGranitt, per essere sottoposti al rito del cappello parlante.
Adesso siamo di nuovo per le strade di Oxford; passiamo per la High Street e, attraverso una viuzza, ci troviamo nella piazza che ospita la Radcliffe Camera, imponente edificio circolare a cupola, chiuso al pubblico e adibito a sala di lettura. Ancora pochi passi e siamo all'interno della Divinity School, che è contigua alla famosissima Bodleian Library. Le visite alla libreria sono regolamentate e devono essere assoggettate ad una guida; mentre, ad un prezzo irrisorio, possiamo accedere alla splendida sala che un tempo veniva adibita alle prove d'esame degli studenti di teologia: restiamo impressionati dai soffitti che esprimono il meglio dell'architettura gotica, e dalla illuminazione equilibrata che filtra dalle finestre laterali, contribuendo a conferire simmetria e armonia alle proporzioni degli interni. Guardiamo più volte, strizzando anche gli occhi, per renderci conto che non è frutto di una allucinazione collettiva la visione, lungo le pareti, dei tanti lettini dotati di paravento, uno dei quali ospita Hermione, evidentemente infortunata.
C'è ancora tempo per una visita gratuita, sulla Broad Street, al Museum of the History of Science, che, con l'esibizione di molteplici marchingegni storici -astronomici e non- desterà molto interesse in Andrea, che a sua volta mi tempesterà di domande, rimaste per lo più senza adeguata risposta.
Sono le h 16.00 quando, dopo aver citofonato al guardiano del parcheggio affinché ci aprisse la sbarra, ci accingiamo a percorrere i 105 chilometri che ci separano da Stonehenge, prima sulla A34, poi sulla A303.
Alle h 17.52 parcheggiamo i nostri camper sull'apposito piazzale sterrato a Stonehenge (N51.18033°,W1.82749°). Paghiamo l'ingresso (biglietto famiglia £17.30, singolo adulto £6.90; audioguide gratuite); con noi entra solamente Franca, mentre Ernesto preferisce godere della vista dei megaliti dal recinto esterno. Con il senno del poi, crediamo che Ernesto non abbia avuto tutti i torti, anche perché a noi paganti non verrà comunque consentito di avvicinarci ai ruderi oltre un certo limite; uno splendido arcobaleno, che solca un cielo da una parte azzurro dall'altra nero come il carbone, rende comunque la visita a questi straordinari monumenti unica ed indimenticabile.
Ripartiamo; decidiamo di trascorrere la notte nella vicina Salisbury, che dista 18 km. Dopo alcuni giri per le vie della cittadina, ci sistemiamo sul parcheggio lungo la Crane Bridge Road (N51.06785°, W1.80073), che è molto vicino alla cattedrale, ma che offre spazi molto stretti, che potrebbero metterci in difficoltà domani, all'arrivo di altre autovetture, quando vorremo uscire. Così, dopo circa mezz'ora, ci rimettiamo in marcia per parcheggiare definitivamente, al fondo della Bellevue Road, su un'area di sosta ben più spaziosa (N51.07296°,W1.79284°). Sono le h 22.18 e tutto va bene, a tal punto che non ci resta che cenare affidando poi a Morfeo il ruolo di restauratore di energie neuronali. Nel corso della notte un incallito fumatore, noncurante dei rischi connessi di per sé con le sue abitudini voluttuarie, e di quelli derivanti dalle maledizioni a lui dirette a guisa di strali, busserà più volte alla porta del camper di Ernesto a perorare la causa di una sigaretta, come grazia da ricevere.
Oggi percorsi 130 km.






Diciannovesimo giorno, giovedì, 19-8-2010

Sveglia presto a Salisbury. Mentre Liliana prepara i bambini, io, Ernesto e Franca, dopo aver pagato il giusto obolo per il parcheggio, ci avviamo verso il centro a piedi. La cattedrale, in stile gotico inglese, merita assolutamente la visita, come pure merita una visita un negozio di dolciumi del centro, che ci renderà ancora più piacevole la colazione sul camper.
Alle h 10.30 partiamo da Salisbury, diretti a Canterbury, ove arriviamo, dopo aver percorso 234 Km, alle h 13.52. Sarà il solito Park & Ride ( New Dover Road, N51.26145°, E1.09992°) ad accoglierci, come del resto all'andata, offrendoci la possibilità di un comodissimo camper service. Il prezzo è sempre di £2.50 ed è comprensivo di navetta AR per il centro.
E' così d'obbligo un giro al centro della città, che ci appare ancora più attraente. Una breve sosta presso un locale per un pasto a base di squisito fish and chips; ancora una passeggiata per assistere ad un clamoroso arresto di un ragazzo, che esce ammanettato da un negozio della Saint Peters Street, vicino alla West Gate Towers, e scortato da un esercito di poliziotti.
Alle h 16.36 ripartiamo da Canterbury diretti a Dover. Sono semplici le procedure d'imbarco con la nostra compagnia, la P&O, mentre Ernesto e Franca dovranno ancora attendere alcune ore per il loro traghetto della Seafrance.
La nave è la stessa dell'andata; anche il salone e le poltrone, in cui pigramente attendiamo stravaccati sono gli stessi. Un veloce giro tra le corsie del supermercato all'interno del traghetto, per spendere gli ultimi spiccioli di moneta britannica e la traversata è quasi finita. Sono le h 20.30 quando sbarchiamo a Calais. Lancette degli orologi e display dei cellulari un'ora avanti; guida a destra; prezzi in euro: ci sentiamo un po' a casa.
Poche centinaia di metri e siamo parcheggiati per la notte, insieme a tantissimi altri camper, su un largo piazzale nei pressi di Quai Edmond Pagniez, di fronte allo splendido molo turistico; ingresso del parcheggio da Boulevard de la Resistance (N50.96069°, E1.84455°); il costo del parcheggio di euro 7.00 andrebbe pagato presso il vicino camping municipale, ma oggi l'accidia è il vizio capitale per il quale eccelliamo, e non ci resta che aspettare la gentile fanciulla che domani mattina riscuoterà presso di noi la suddetta somma.
La serata è splendida e c'è ancora tempo per un simpatico siparietto con i nostri vicini di camper, una giovane famiglia di gallesi, che, reduci da una vacanza meteorologicamente disastrosa in Liguria e in Valle d'Aosta, ci offrono cordialmente due bottiglie di birra, contraccambiate da due nostre confezioni di passata di pomodoro -”Original italian tomato”, devo aver detto loro con fare solenne ed ieratico.
Invio un sms con le nostre coordinate gps -meraviglie della tecnologia moderna- ad Ernesto, ed infatti, verso mezzanotte, vedrò il suo Elnagh parcheggiarsi a pochi metri dalla coda del nostro Superbrig.
Ci siamo tutti, il viaggio volge al termine.


Ventesimo giorno, venerdì 20-8-2010

Alle h 10.15 ci muoviamo dal parcheggio lungo il molo turistico, per fermarci pochi chilometri dopo presso il Carrefour di Calais, da cui ripartiamo alle h 11.05.
La rotta prevede Dunkerque, Lille, Tournai, Mons, Charleroi, Namur, Luxenbourg, Obernai.
A 35 km da Lille lungo tratto ad una sola corsia di marcia con prolungato rallentamento della media di percorrenza. Sarà obbligatoria la sosta presso un'area di servizio lussemburghese per un pieno di gasolio a prezzi stracciati, mentre poi le autostrade francesi ci richiederanno l'immancabile elargizione di euro 6.50 prima e di euro 7.30 dopo. Alle h 20.35 arriviamo finalmente presso il parcheggio di Obernai, che ci aveva accolti all'andata (N48.45979°, E7.48551). La serata è magnifica e ci invita ancora una volta ad una passeggiata per le vie del vicinissimo centro.
Domani saremo a casa. Oggi percorsi 631 km.


Ventunesimo giorno, sabato 21-8-2010

Ancora una passeggiata mattutina per le vie di Obernai alla ricerca di uno speciale dolce che Ernesto ci consiglia vivamente e poi partenza alle h 10.48. Entriamo a Colmar per fare il pieno di gasolio presso il supermercato Leclerc.
Alle h 13.30 lunga coda dopo Basilea. Alle h 1500 è alla guida Liliana, quando passiamo dalla zona di Interlaken, che ci offre panorami notevoli sulle acque blu solcate da imbarcazioni colorate. Alle h 17.40 superiamo la frontiera italiana di Chiasso. Alcuni chilometri dopo ci fermiamo presso una stazione di servizio dopo Como: scendiamo dai camper io, Liliana, Ernesto e Franca; è un caloroso saluto dopo tanti chilometri percorsi insieme ed è anche un arrivederci.
Alle h 20.00 siamo nella nostra casa di Chivasso. Oggi abbiamo percorso 546 km, mentre il contachilometri è fermo sul chilometro 55.247, avendo così complessivamente percorsi 6.260 km.
Conclusioni

Scrivere questo diario, a distanza di alcuni mesi, ha significato per me rivivere i momenti di questo incredibile viaggio, dare alla memoria il respiro del già vissuto e lasciare ai miei cari, ai miei bambini una minuscola eredità da portare un giorno con sé. Ho voluto anche lasciare al turista itinerante delle indicazioni che possano essergli di una qualche utilità, qualora voglia percorrere le nostre orme ed essere nei medesimi luoghi.
Sono tante le immagini, le sensazioni, le emozioni che questo viaggio ci ha lasciato dentro. Si è cercato di trasmettere al lettore una minima parte di quanto abbia vissuto chi è stato -seppure fugacemente- spettatore di tante località, di tante città, di tante situazioni che comunque hanno lasciato un'impronta indelebile, più di quanto le parole non riescano mai ad impressionare. Ma soprattutto, sono di incommensurabile ricchezza alcuni regali che abbiamo portato con noi dall'Inghilterra e dalla Scozia: si chiamano John, o Charles, o Dave, o quel nome che non ho chiesto al gentiluomo inglese che, avendoci visto in difficoltà nei sobborghi di Londra, con grande civiltà ed umanità, si è offerto di accompagnarci a destinazione; si chiamano Ernesto e Franca che con la loro signorile, squisita ed esemplare gentilezza sono diventati fedeli e preziosi compagni di questo viaggio e nostri amici; si chiamano Vittorio, Alberta ed Alessandro che ci sono venuti incontro con la loro indimenticabile allegra e simpatica cordialità.


testo e foto di Aldo Nocchiero

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